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Cronaca

Il braccialetto elettronico scarico: così perde la vita Roua Nabi, uccisa dall'ex marito e dalla mancanza di tutele

Femminicidi e omertà. Il pm Cesare Parodi lancia accuse verso la vittima deceduta: "Ha rischiato la vita sapendo di avere il dispositivo scarico"

Il braccialetto elettronico scarico: così perde la vita Roua Nabi, uccisa dall'ex marito e dalla mancanza di tutele

Roua Nabi

L'omicidio di Roua Nabi, colpita a coltellate dall'ex marito lo scorso 23 settembre 2024 nel suo appartamento in via Cigna 66 davanti ai due figli, viene attribuito dal pm a una dimenticanza, quella di ricaricare il dispositivo elettronico che avrebbe dovuto allertare i carabinieri. "Noi cerchiamo di dare la tutela massima alle persone offese ma possiamo pensare che questa donna non ha in qualche modo rischiato la vita sapendo che il braccialetto era scarico? Se lei lo avesse caricato sarebbe scattato l’allarme e lui sarebbe andato in carcere". Queste le parole del procuratore Cesare Parodi, parole che risuonano come uno scarico di responsabilità verso chi doveva in qualche modo auto-proteggersi dalla furia assassina di un uomo fuori controllo, verso chi è andato volontariamente incontro al pericolo.

Ad indignare maggiormente è il fatto che il caso di Roua non sia isolato, ma l'ennesima prova di come la Giustizia agisca sulla pelle di donne lasciate sole. Per giustificarsi non bastano le parole o le promesse. Come si spiega l'assenza di tutela? Diciamolo a Camelia Ion, deceduta nella stazione di Civitavecchia per mano dell'ex compagno. A Celeste Palmieri, uccisa a colpi di pistola dall'ex marito nel parcheggio di un supermercato di San Severo. A Concetta Marruocco, colpita con 46 coltellate da suo marito davanti alla figlia 17enne. A Roua Nabi, la cui colpa non è stata la volontà di tornare in Tunisia o di non aver caricato il suo dispositivo. Tutte vittime accomunate da un errore giudiziario che le ha condotte alla morte: un braccialetto elettronico malfunzionante.

Il Governo parla di "problemi di connessione" legati ai dispositivi di marchio Fastweb erogati in Italia, inneggiando a "soluzioni tecniche richieste al fornitore" per tempi di attivazione e disattivazione errati. Da quando il ddl Roccella ha disposto obbligatoriamente gli apparecchi per i reati spia, la palla della responsabilità è rimbalzata di mano in mano, sollevando interrogativi e obiezioni che però, nella pratica, non sono mai stati trasformati in azioni concrete da parte del Viminale. 

Fastweb viene accusato come unico imputato, lasciando nuovamente spazio a ipotesi di risoluzione che non sembrano smuovere il Ministero degli Interni. D'altronde, la società di telecomunicazioni, sembra aver ben altre intenzioni che prendere parte a un concorso di colpa, affermando la piena attività dei braccialetti presi in esame nei delitti.

I femminicidi continuano a mietere vittime innocenti e l'omertà a pervadere il tessuto istituzionale italiano, a cui non è possibile fare sconti. 

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