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29 Aprile 2025 - 08:52
Anni di Piombo
Cinquant’anni fa moriva Sergio Ramelli. Un 18enne “colpevole” d’aver espresso le proprie convinzioni in un tema in classe. Era un militante di destra e fu vittima di un agguato, barbaro e vile da parte di esponenti della sinistra extraparlamentare. Ramelli rimase agonizzante in ospedale per settimane e poi spirò. Erano gli “anni di piombo” e la violenza e il terrorismo insanguinavano le strade e le piazze. Il rispetto della vita e delle idee altrui non venivano considerati e bastava poco per finire sotto le manganellate o i proiettili di chi confondeva il proprio credo politico in una prassi che aveva come unica soluzione la violenza e la lotta armata. Per anni parlare del giovane Ramelli è stato un tabù, perché il ragazzo aveva scelto come riferimento politico i movimenti e i partiti di destra.
Quindi «era un fascista e “uccidere un fascista non è reato”» si urlava nelle piazza tinte di bandiere rosse. Ma fascisti venivano considerati tutti coloro che non la pensavano allo stesso modo dei violenti e degli assassini. Quel clima ha avvelenato per decenni la società e i rapporti e le relazioni tra gruppi e persone. Oggi non sembra essere più così. Il giovane missino Ramelli viene ricordato e celebrato, come ha sottolineato ieri la premier Giorgia Meloni, da tutti, a destra come a sinistra. Sembra che la politica si sia improvvisamente civilizzata e che la vita sia tornata ad essere un valore. In verità le ultime manifestazioni che hanno avuto come teatro anche Torino, sembrano aver riacceso una contrapposizione che non si fonda sul rispetto e sulla diversità di opinione, ma sullo scontro, anche quello fisico. Le condanne della politica per certi comportamenti sono blande, specie a sinistra, mentre servirebbe davvero qualcosa di più.
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