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Il processo
30 Aprile 2025 - 06:40
Ci sono voluti otto anni e due gradi di giudizio a un piemontese affetto dalla "sindrome da Talidomide" per vedersi riconosciuto il diritto a essere indennizzato dal Ministero della Salute: sia il tribunale del lavoro di Alessandria che la Corte d'appello di Torino - con una sentenza depositata nei giorni scorsi - gli hanno dato ragione nonostante l'opposizione del Ministero. E ora potrà reclamare circa 1 milione di euro, relativi agli arretrati dal 2008, più una somma per ogni bimestre da qui in avanti. Anche se c'è ancora la possibilità di un ricorso in Cassazione. Ma la speranza dell'uomo è che, prima o poi, quei soldi comincino ad arrivare.
Il ricorrente, 58 anni, è portatore dalla nascita di una malformazione al braccio sinistro che risulta compatibile con gli effetti del Contergan, farmaco contenente Talidomide, prodotto che in Italia fu venduto tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli Sessanta principalmente per le donne in gravidanza.
La mamma dell'uomo (come lei stessa ha dichiarato e come confermato da un'amica di famiglia) aveva assunto il Contergan, medicinale della tedesca Grunenthal, dietro regolare prescrizione del medico curante. Una delle obiezioni del Ministero si riferiva al fatto che il piemontese è nato nel 1967, in epoca successiva al ritiro del prodotto, e in ogni caso al di fuori della "finestra" temporale (1958-1966) indicata in un decreto del 2017. Ma lui , in forza di una serie di norme varate dallo Stato nel corso del tempo, ha comunque fatto domanda per un indennizzo. E la Commissione competente, dopo un primo parere favorevole, ha fatto marcia indietro: secondo i medici dell'Asl, mancava la prova del nesso causale.
Nel caso specifico, la dimostrazione che la mamma aveva assunto la Talidomide. Così il 58enne, con l'assistenza degli avvocati Erika Finale e Renato Ambrosio, ha trascinato in tribunale il Ministero della Salute. E, anche grazie alla consulenza tecnica del medico Raffaele Barisani si è imposto in entrambi i gradi di giudizio. "Il punto è che il diritto all'indennizzo spetta anche ai soggetti che presentano malformazioni compatibili con la sindrome" osservano i legali. Inoltre, sempre secondo quanto sottolineato da Ambrosio e Finale, la Talidomide è rimasta in circolazione anche in seguito come "prodotto da banco" e come "galenico". Altri aspetti sono stati dibattuti nel corso del procedimento e la discussione è stata piuttosto accesa, tanto che, nella sentenza, la Corte d'appello ha dedicato un cenno ai "toni talvolta decisamente aspri" adoperati dal consulente del ministero.
"La controparte - spiega Barisani - ha sostenuto che la malformazione deve essere bilaterale (vale a dire a entrambi gli arti - ndr) ma la monolateralità è stata dimostrata dalla letteratura. Poi ha affermato che esistono malattie genetiche la cui origine è ancora sconosciuta e che quindi non è possibile determinare con certezza il nesso di causa. Insomma, si è opposta a una situazione riconosciuta in tutto il mondo. E ho percepito con chiarezza una certa acredine non da parte dell'istituzione in sé, ma dei suoi rappresentanti". "Per quel che mi riguarda - ha commentato l'avvocato Ambrosio - le cause si possono vincere o perdere. Ma i toni devono essere corretti, sempre. E la controparte qui ha mostrato di non avere rispetto per il ricorrente". Che soffre da sempre per la sua condizione, tanto da scegliere di non esporsi pubblicamente neanche dopo la vittoria in tribunale: "E' una persona molto fragile, tutte le volte che ci incontravamo in studio scoppiava a piangere. Ha sofferto tanto per la sua condizione, sin da ragazzo. Ora avrà un indennizzo. Non sappiamo ancora quando ma sicuramente riceverà questi soldi".
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