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Il caso

Il tormentato risanamento del Parco Arrivore

Tra ritardi, rifiuti e coltivazioni illegali: la Giunta accelera, ma restano le ombre del passato e le critiche

Il tormentato risanamento del Parco Arrivore

Gli orti urbani abusivi del Parco dell'Arrivore

Un ampio territorio, sulla sponda destra del fiume Stura di Lanzo, nella confluenza con il Po, sito di un ex campo nomadi e ricoperto di rifiuti e di degrado, tanto che era stato tristemente ribattezzato “Tossic park”: il Parco dell’Arrivore. A dieci anni dalla prima bonifica la Giunta fornisce un nuovo cronoprogramma. «Approvazione del progetto esecutivo, gara e contratto entro quest’anno. Poi esecuzione tra 2025 e 2026, con collaudo entro il 2026», ha annunciato l’assessore al Verde Francesco Tresso, nell’ultimo Consiglio.

La bonifica e la messa in sicurezza del sito classificato come “orfano”, (senza responsabile della contaminazione, per cui, quindi, è necessario un intervento pubblico) insieme ad Amiat, dovrebbe partire a breve, riqualificando i quasi 16mila mq di territorio, in due lotti (S1, da 2.500 mq e S2 da 13.200 mq). 

Ma rimuovere tutti i rifiuti avrebbe impatti importanti e costi non sostenibili. Ragion per cui si procederà al “capping”, cioè all’isolamento tramite geotessuto impermeabile, per impedire la propagazione degli inquinanti. «Poi la sorgente potrà essere considerata fruibile dalla Città», dichiara Tresso. E a valle un monitoraggio della qualità ambientale di almeno 5 anni.

Più controlli, in generale, sono e saranno previsti nell’area adiacente a corso Giulio Cesare - già oggetto di risse e scorrerie note alla cronaca - per scongiurare ulteriori abbandoni di rifiuti. Un passo avanti anche del dialogo con la comunità cinese che dal luglio del 2022 - a più riprese - ha “invaso” parte delle sponde per la coltivazione illegale. 

«Il dialogo è aperto, gli abbiamo spiegato i rischi e hanno aderito ad allontanarsi», rassicura Tresso. Tuttavia, le recenti piene hanno rallentato le operazioni di pulizia previste per aprile. 

Scettico l’interpellante Pino Iannò (Torino Libero Pensiero): «Se dal 2015 il problema rimane vuol dire che si è fatto poco e male. Invece di buttare 11,5 milioni per il Meisino sarebbe stato meglio occuparsi di altri pezzi di territorio, come questo, che combatte un degrado evidente», replica.

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