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La sentenza
12 Maggio 2025 - 10:33
Foto di repertorio
Assolto perché "il fatto non sussiste": è finito così il processo a carico di un 37enne torinese accusato di violenza sessuale a carico della nipotina, che lo ha denunciato a quasi 15 anni di distanza dai presunti stupri.
I protagonisti di questa vicenda, oggi, hanno 20 e 37 anni (i nomi di entrambi non vengono pubblicati per tutelare la ragazza). Ma ne avevano 5 e 22 nel 2010, quando sarebbero iniziati gli abusi raccontati dalla nipote. Lei ne aveva parlato in casa ma nessuno aveva avuto il coraggio di denunciare per paura che la bambina venisse allontanata dalla famiglia. E non era stato riferito nulla neanche agli psicologi che l'avevano seguita. La presunta vittima ha parlato solo nel 2022, durante una visita dal ginecologo. Lui lo ha segnalato ed è partita un'inchiesta, affidata al pubblico ministero Barbara Badellino.
Sentita dagli inquirenti, la ragazza ha poi rievocato i singoli episodi, collocandoli nel tempo grazie ai traslochi effettuati nel corso degli anni, e ha permesso di arrivare al processo (dove lei e la sua famiglia hanno scelto di non costituirsi parte civile).
Alla fine del processo, affrontato con il rito abbreviato, la pm Badellino ha chiesto una condanna a 6 anni di carcere per lo zio. Ma la giudice Manuela Accurso Tagano lo ha assolto.
Commenta l'avvocato Giuseppe Cosentino, che ha assistito l'imputato insieme alla collega Enrica Cosentino: «Ci aspettavamo questo risultato. Il mio assistito si era sottoposto da subito all'interrogatorio e si è sempre dichiarato innocente, spiegando quello che poi hanno confermato anche gli psicologi: era una suggestione della bambina, la violenza non era avvenuta. C'era un difetto di prova e la giudice lo ha capito».
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