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Economia
15 Maggio 2025 - 14:33
Dopo il picco registrato durante la pandemia, trainato dal boom delle confezioni di prosciutto crudo preaffettato, il mercato italiano del crudo Dop sta vivendo una fase di stallo. I consumatori, penalizzati dal rincaro dei prezzi, stanno riducendo gli acquisti, soprattutto per i prodotti confezionati a peso fisso.
I dati forniti da Assica parlano chiaro: tra il 2022 e il 2024, le vendite sul mercato nazionale di prosciutto crudo stagionato sono calate del 6% in termini di volume. Una flessione ancor più netta, pari all’8%, ha colpito il segmento a peso imposto, nonostante un aumento del valore complessivo del 5,5%, attribuibile all’aumento dei prezzi.
Sebbene l’export stia mostrando segnali positivi, rappresenta solo il 20% del fatturato complessivo del comparto, che resta quindi fortemente dipendente dalla domanda interna. Il settore ruota attorno a due grandi denominazioni: Prosciutto di Parma e Prosciutto di San Daniele, che insieme generano circa 1,33 miliardi di euro alla produzione. Se si aggiungono i volumi di Prosciutto Toscano Dop e Prosciutto di Norcia Igp, il comparto copre il 64% del valore totale dei salumi certificati Dop e Igp in Italia.
Le imprese stanno affrontando una doppia sfida: da un lato l’impennata dei costi di produzione, dall’altro la difficoltà nel posizionare il prodotto su un piano adeguato rispetto al suo valore reale. I crudi Dop italiani, infatti, spesso non sono percepiti come premium, ma nemmeno come beni di largo consumo, finendo per perdere appeal in periodi di inflazione.
La concorrenza estera, in particolare quella spagnola, si muove con maggiore efficacia sul fronte della valorizzazione. Il Jamón iberico, e in particolare il Patanegra, è riuscito a imporsi come simbolo di qualità superiore, grazie anche a una comunicazione mirata e a una segmentazione dell’offerta ben definita.
I consorzi italiani stanno tentando di colmare il divario, inasprendo i disciplinari produttivi e cercando di evidenziare caratteristiche come una lunga stagionatura e un minor contenuto di grassi. L’obiettivo è conquistare maggiore spazio all’interno delle diete salutistiche e ottenere un riconoscimento più chiaro del valore qualitativo del prodotto.
Intanto, la redditività del comparto resta sotto pressione. I costi di allevamento sono in crescita, complice anche la Peste Suina Africana, mentre la flessione della domanda cinese ha rallentato gli investimenti negli allevamenti. Una situazione che impone una riflessione profonda sul futuro del più iconico tra i salumi italiani.
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