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Gli insegnanti sanno chi usa Chat GPT: ecco come vengono smascherati gli studenti

Tra dilemmi etici ed educativi, l'intelligenza artificiale ha aumentato il suo impatto sull'apprendimento delle nuove generazioni. Come affrontare questa evoluzione, cosa tenere e cosa lasciare andare

Gli insegnanti sanno chi usa Chat GPT: ecco come vengono smascherati gli studenti

Chat GPT

L'intelligenza artificiale chiede di essere presa più sul serio e pare che il sistema educativo italiano non voglia tirarsi indietro. Al centro del dibattito appaiono le abitudini di studio degli studenti, in quanto subiscono continue evoluzioni. L’edizione 2025 della ricerca “Dopo il diploma” condotta da Skuola.net insieme ad Elis su 2.500 alunni delle superiori, ha portato alla luce dati in crescita, da un 34% nel 2024 a un 51% attuale. Questa impennata è seguita da un ulteriore dato, quello che vede una decrescita di chi non ha mai utilizzato questo strumento: dal 25% al 16%.

Le piattaforme utilizzate - YoumathSolvelySocratic e TextCortex - sembra svolgano una duplice funzione: studiare e superare le verifiche in maniera più semplice. I ruoli maggiormente assunti dall'IA sono stati rilevati essere la produzione di testi e il supporto alla preparazione di verifiche e interrogazioni. Tuttavia, queste statistiche rivelano la fragilità delle istituzioni, che non riescono a reagire in maniera dinamica al cambiamento in corso. Da quanto rilevato, unicamente il 18% degli studenti intervistati ha ricevuto dalla propria scuola indicazioni specifiche su come usare l'intelligenza artificiale.

Un modello che potrebbe costituirsi quale esempio da seguire è il caso dell'Harvard University, che ha concesso ai suoi alunni di venire affiancati da un'assistente virtuale che possa accompagnarli nello studio senza rivelare loro risposte complete. Il tema dell'utilizzo dell'IA in contesti scolastici, è diventato centrale per il tentativo dei professori di distinguerlo dalle conoscenze effettive degli studenti. Per fare ciò, sono state rintracciate diverse soluzioni creative. Tra queste figura quella di un professore francese che, per sventare le verifiche "truccate", ha introdotto un'informazione imprecisa all'interno del testo fornito durante la prova. In questo modo, se lo studente tentava l'aiuto di uno strumento esterno, esso produceva una risposta corretta ma non in linea con quanto riferito nel compito.

Tra chi si impegna nel dibattito su questa forma di aiuto e apprendimento, c'è chi ne sostiene le potenzialità. La possibilità di creare esercizi aggiuntivi o porre domande mirate per riconoscerne la correttezza, sono solo alcune delle motivazioni considerate a suo favore. 

Ciò che rimane in dubbio è l'eticità di tale cambiamento educativo, poiché la questione della trasparenza rimane irrisolta. La loro validità nell'apprendimento si scontra con la tutela della privacy e l'illegalità di utilizzarli in ambiti istituzionali. L'impatto sulle competenze potrebbe essere aggirato se si modificasse il paradigma entro cui si guarda lo strumento, non come una sostituzione dell'intelligenza umana o della comprensione, ma come un supporto alla facilitazione e alla valutazione critica - quest'ultima fondamentale nell'utilizzo dell'IA. 

Il Ministero dell'Istruzione e del Merito si sono espressi a riguardo, lanciando un progetto finalizzato a ridurre il divario di apprendimento tra gli studenti. Questo obiettivo prevede l'introduzione di un assistente virtuale basato sull’intelligenza artificiale e integrato in Google Workspace, con un focus iniziale sulle materie STEM e le lingue straniere. Il suo grande valore si costituirebbe nella sua capacità di segnalare le difficoltà riscontrate negli studenti al personale competente - gli insegnanti. Questo meccanismo dovrebbe aiutare a riportare il livello degli alunni a una situazione di parità, favorendo l'inclusione e la coesione.

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