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Esteri
30 Maggio 2025 - 08:05
Donald Trump
I dazi imposti da Donald Trump restano attivi, almeno per ora. La Corte d’Appello federale degli Stati Uniti ha sospeso temporaneamente la decisione del Tribunale del Commercio Internazionale, mantenendo in vigore le tariffe doganali introdotte nei mesi scorsi contro Cina, Messico e Canada. Un verdetto che riapre il confronto istituzionale sul potere presidenziale in materia di commercio e accende lo scontro tra la Casa Bianca e la magistratura.
La United States Court of International Trade di Manhattan aveva ordinato lo stop ai dazi, stabilendo che Trump non aveva l’autorità di imporre unilateralmente tariffe fino al 30% su importazioni strategiche. Il provvedimento colpiva una vasta gamma di merci, escluse però quelle legate all’acciaio, alluminio e componentistica auto, già tutelate dal Trade Expansion Act. La sentenza prevedeva un’ingiunzione permanente e un termine di dieci giorni per rendere effettiva la sospensione delle tariffe.
Ma la Corte d’Appello ha deciso diversamente. Su richiesta del Dipartimento di Giustizia, il verdetto è stato congelato, lasciando così intatto lo status quo commerciale. La Casa Bianca, che aveva bollato come “palesemente sbagliata” la sentenza del tribunale del commercio, ha annunciato ricorso, dichiarandosi pronta a rivolgersi fino alla Corte Suprema per tutelare l’azione presidenziale.
Non si è fatta attendere la reazione di Donald Trump, che ha usato il suo social Truth per attaccare i giudici: “Il Tribunale si è pronunciato incredibilmente contro gli Stati Uniti su dazi disperatamente necessari”. Il tycoon ha definito la decisione “una vendetta politica” e ha accusato i tre giudici – uno dei quali nominato proprio da lui – di aver agito per “odio verso Trump”. Ha poi esortato la Corte Suprema a ribaltare il verdetto, denunciando l’esistenza di “truffatori dietro le quinte” che, a suo dire, vorrebbero “distruggere la Nazione”.
La vicenda rimette al centro il dibattito sulla legittimità delle misure protezionistiche volute da Trump, in particolare quelle giustificate con l’International Emergency Economic Powers Act, una legge pensata per fronteggiare minacce eccezionali. Tra le motivazioni addotte, anche il contrasto al traffico di Fentanyl, considerato dal presidente una “emergenza nazionale”.
Nel frattempo, le tariffe – fino al 30% su merci cinesi, 25% su quelle da Canada e Messico e 10% su vari altri beni – continueranno a pesare sulle importazioni e, indirettamente, sui consumatori americani. Ma la battaglia legale è solo all’inizio. La posta in gioco va oltre la questione doganale: riguarda l’equilibrio dei poteri tra Presidenza, magistratura e Congresso in una delle arene più calde della politica statunitense.
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