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Strage di Capaci
05 Giugno 2025 - 17:27
Giovanni Brusca, noto per aver premuto il telecomando che il 23 maggio 1992 fece esplodere l'autostrada nei pressi di Capaci, causando la morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta, è tornato libero. La sua figura resta tra le più oscure e controverse della storia recente italiana.
Dopo 25 anni di carcere e 4 anni sotto sorveglianza speciale, il boss mafioso di San Giuseppe Jato ha terminato ogni obbligo nei confronti della giustizia. Brusca è stato responsabile di oltre un centinaio di omicidi e, dopo un primo finto pentimento, ha scelto di collaborare con le autorità.
Oggi vive sotto protezione, in un luogo segreto e con una nuova identità, lontano dalla Sicilia.
La sua liberazione ha scatenato un’ondata di polemiche. Per molti, l’idea che l’uomo responsabile di crimini atroci sia di nuovo in libertà è inaccettabile.
Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso, ha espresso dolore e amarezza, pur riconoscendo che si tratta dell'applicazione di una legge voluta proprio da suo fratello:
"Brusca ha usufruito delle norme sui collaboratori di giustizia, che hanno permesso allo Stato di colpire duramente la mafia", ha detto. Tuttavia, ha sottolineato che la collaborazione di Brusca non è stata pienamente trasparente, soprattutto per quanto riguarda i beni illeciti, su cui la magistratura deve ancora fare luce.
Tina Montinaro, vedova del caposcorta Antonio Montinaro, ha commentato con amarezza:
"So che la legge è stata rispettata, ma questa non è giustizia. Dopo 33 anni, noi familiari non conosciamo ancora tutta la verità".
Anche Alfredo Morvillo, fratello della giudice Morvillo, ha reagito con distacco:
"Ha scontato la pena secondo la legge, ma resta un criminale, anche da uomo libero".
Giuseppe Costanza, autista sopravvissuto all’attentato, ha parlato con rabbia:
"Uomini così non dovrebbero mai uscire dal carcere. Le vittime non torneranno mai più e ora Brusca è libero. È un insulto".
L’ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha invitato a riflettere a mente fredda:
"Brusca è libero grazie a una legge che ha consentito di distruggere i vertici di Cosa Nostra. È una legge voluta da Giovanni Falcone".
Grasso ha sottolineato:
"Con Brusca lo Stato ha vinto tre volte: quando lo ha arrestato, quando lo ha fatto collaborare e ora, mostrando che la strada della legalità funziona".
Ha anche lanciato un monito:
"Bisogna vigilare affinché non si concedano benefici a chi non collabora, come Graviano. Onorare le vittime significa usare tutta la forza del diritto per sconfiggere la mafia".
Il rilascio di Giovanni Brusca riapre una delle pagine più dolorose della storia italiana. Pur avendo collaborato con la giustizia, resta per molti l’incarnazione del male assoluto: l’uomo che sciolse nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo e che ha insanguinato la Sicilia.
La legge ha fatto il suo corso, ma la memoria di ciò che ha fatto resta viva. E con essa, il dibattito su cosa significhi davvero giustizia.
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