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Il dibattito
19 Giugno 2025 - 15:30
Il 2 febbraio 2025 è entrato in vigore il primo blocco operativo dell’Ai Act europeo, il regolamento comunitario sull’intelligenza artificiale. Una svolta normativa che pone l’Unione Europea in una posizione di pioniere globale, ma che nel contempo alimenta dubbi e tensioni sia tra le imprese che nel mondo accademico e istituzionale. A testimoniarlo, la tavola rotonda “Ai governance tra innovazione e regole: una sfida europea”, organizzata da Meta e Ispi a Milano, dove esperti ed esponenti del settore si sono confrontati su luci e ombre del provvedimento.
L’Ai Act vieta i sistemi considerati a rischio estremo per diritti e libertà fondamentali e impone obblighi rigorosi per quelli a rischio elevato, ma mancano ancora linee guida chiare e un “code of practice” vincolante. Questo vuoto normativo preoccupa aziende e studiosi. Secondo Andrea Bertolini, direttore del Centro sulla regolazione della robotica e IA della Scuola Superiore Sant’Anna, il problema è nella definizione ambigua dell’intelligenza artificiale e nella rigidità non vincolante delle linee guida: “Non avere chiarezza tecnica crea divergenze nell’applicazione e alimenta l’incertezza”.
Diversa la posizione di Edoardo Raffiotta, professore alla Bicocca: “Non si può addossare all’Ai Act la colpa della scarsa innovazione europea. Il vero ostacolo è l’eccesso di norme, non questo regolamento in sé”. Raffiotta sottolinea come anche negli Stati Uniti, con 48 regolamentazioni su 50 Stati, la frammentazione normativa esista, ma non impedisca sviluppo e crescita.
Il regolamento rappresenta un quadro normativo trasversale, pensato per tutti gli attori che sviluppano o utilizzano IA nel mercato UE. I suoi obiettivi principali: maggiore sicurezza, trasparenza, protezione dei dati e controllo umano. Ma l’Ai Act è anche uno strumento geopolitico: l’Europa punta a ritagliarsi un ruolo da leader del soft power digitale, in contrapposizione al modello statunitense basato su regole ex post e minimo intervento pubblico. Questa divergenza di approccio alimenta una frammentazione normativa globale, che rende sempre più complicate le operazioni transnazionali, generando insicurezza in un settore dove innovazione e mercato si muovono a velocità supersonica.
A parlare a nome delle imprese è stato Luca Colombo, Country Director Italia di Meta, che ha lamentato le difficoltà operative in Europa: “Investiamo ogni anno tra 15 e 20 miliardi di dollari in R&D, ma spesso fatichiamo a mettere a terra questi progetti in Ue”. Colombo denuncia cambi di rotta regolatori troppo frequenti, come nel caso della pubblicità personalizzata, con impatti pesanti su PMI e imprese digitali: “Abbiamo già dovuto modificare due volte le nostre strategie in un solo anno. L’incertezza non aiuta né noi né il mercato”.
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