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Perché alla Maturità spuntano autori che a scuola non si studiano mai

Secondo il docente Enrico Galiano la vera sfida non è sapere tutto, ma costruire connessioni con ciò che si conosce

Perché alla Maturità spuntano autori che a scuola non si studiano mai

Foto di repertorio

Ogni anno la scena si ripete: studenti preparatissimi si ritrovano a sfogliare le tracce della Maturità con espressione perplessa. Nomi come Pasolini, Tomasi di Lampedusa o Caproni sorprendono chi ha passato mesi su Montale, Ungaretti e Foscolo. Ma la presenza di questi autori apparentemente “fuori programma” non è casuale.

A spiegarlo è lo scrittore e docente Enrico Galiano, secondo cui il punto della prova non è verificare la memoria, ma la capacità di lettura critica. L’obiettivo non è premiare chi ha seguito un programma preciso, ma valutare chi riesce a comprendere e interpretare un testo nuovo, anche quando non lo ha mai incontrato prima.

Inoltre, non tutte le classi affrontano gli stessi autori nello stesso momento. Alcuni si fermano a Saba, altri arrivano a Calvino. Per evitare disparità tra scuole, vengono proposti testi “neutri”, non legati al programma standard.

C'è poi una volontà chiara di aprire alla contemporaneità: portare tra i banchi autori che parlano anche del presente, come Pasolini o Magris, e argomenti che risuonano con l’attualità. Non è solo una questione di letteratura, ma anche di educazione civile.

Galiano aggiunge un altro elemento: scegliere autori meno noti impedisce agli studenti di svolgere il classico “compitino”. Niente formule preconfezionate: serve leggere davvero, ragionare, fare collegamenti.

Ed è proprio questo il cuore della questione. La prova chiede di costruire ponti tra ciò che si è studiato e ciò che si ha davanti. Il testo della traccia diventa uno specchio attraverso cui rileggere Montale, Pirandello, o persino se stessi.

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