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Il cancro è più giovane: perché le donne si ammalano prima

Un numero crescente di tumori tra le giovani donne riaccende l’allarme e i motivi sono vari

Il cancro è più giovane: perché le donne si ammalano prima

Negli ultimi anni, il tasso di alcuni tipi di tumore, in particolare al seno e al colon-retto, è in aumento tra le donne, anche in fasce d’età più giovani. Secondo gli esperti, questa tendenza preoccupante è il risultato di una complessa combinazione di fattori ormonali, ambientali e comportamentali.

Uno degli elementi chiave è l’esposizione agli estrogeni durante la vita riproduttiva. "Più una giovane donna è esposta agli estrogeni nei primi decenni di vita, più aumenta la probabilità di sviluppare un tumore al seno", spiega l'oncologo Larry Norton. L’ovulazione mensile, che accompagna l’età fertile, rappresenta la principale fonte naturale di estrogeni e progesterone, una combinazione che può alimentare lo sviluppo di cellule tumorali nel tessuto mammario. E la pubertà precoce, favorita dall’aumento dell’obesità infantile, e la riduzione della natalità – in particolare tra le donne sotto i 30 anni – stanno aumentando il numero totale di ovulazioni che una donna sperimenta nel corso della vita. Le gravidanze, infatti, rappresentano una "pausa" naturale dai cicli ormonali e hanno un effetto protettivo sul tessuto mammario.

Nel contesto non è da sottovalutare il ruolo dell’obesità, che si dimostra essere fattore di rischio trasversale da numerosi studi. Oltre a influenzare lo sviluppo di tumori al seno, contribuisce all'aumento dei casi di tumore al colon-retto tra i giovani adulti. Non è solo il grasso corporeo in sé a essere problematico, ma anche la scarsa attività fisica e la dieta ricca di cibi ultra-lavorati e carni rosse. Questo "squilibrio energetico", come lo definisce l'epidemiologo Otis Brawley, incide negativamente sulla salute dell’intero organismo.

Un altro fronte di preoccupazione è l’esposizione ai contaminanti ambientali. Se sostanze note come l’amianto o il radon sono già regolamentate, nuove minacce come le PFAS (sostanze polifluoroalchiliche, presenti in prodotti di uso comune) sono al centro delle ricerche. Queste sostanze sono state collegate a tumori ai reni e alla tiroide, ma l'assenza di una regolamentazione efficace limita la protezione del pubblico.
L’aumento delle diagnosi può essere anche parzialmente spiegato dai progressi nello screening, in particolare nella diagnosi precoce del cancro al seno. Tuttavia, l’accesso ai test preventivi come le mammografie rimane limitato: da oltre 15 anni i tassi di adesione si aggirano intorno al 60%, un numero troppo basso secondo gli esperti.

Per ridurre il rischio, gli esperti consigliano di evitare il tabacco, limitare l’alcol, mantenere un peso sano, fare attività fisica e seguire una dieta ricca di fibre e povera di carni lavorate. Anche la vaccinazione contro HPV ed epatite B può ridurre l’incidenza di tumori legati a infezioni. Ma il discorso non può fermarsi alla responsabilità individuale perché, come sottolinea la ricercatrice Mary Beth Terry, "per troppo tempo ci siamo concentrati solo sui comportamenti del singolo", mentre fattori strutturali come l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo hanno un peso significativo.
Teniamo anche in considerazione che le disuguaglianze di accesso alla cura restano un problema enorme: molte donne hanno maggiori probabilità di ricevere diagnosi tardive o trattamenti inadeguati, spesso a causa di barriere economiche o sistemiche nel sistema sanitario.

La lotta contro il cancro, concludono gli esperti, richiede un approccio a più livelli: consapevolezza individuale, innovazione medica e soprattutto politiche pubbliche che tutelino la salute collettiva.

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