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25 Giugno 2025 - 23:15
L'Università degli Studi di Roma Tor Vergata ha preso parte a uno degli studi clinici più ampi sull'obesità, i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sul New England Journal of Medicine, una delle riviste scientifiche più prestigiose a livello globale. La ricerca ha analizzato l'efficacia della combinazione farmacologica CagriSema, un trattamento sperimentale composto da semaglutide e cagrilintide, somministrata una volta a settimana per 68 settimane.
Il risultato sorprendente è stato una perdita media di peso del 20,4% tra i partecipanti che hanno ricevuto la combinazione, una percentuale difficile da raggiungere con terapie non chirurgiche. Tra gli autori dello studio, figura anche Paolo Sbraccia, docente di Medicina Interna all'Università Tor Vergata, che ha sottolineato l'importanza di questa innovativa combinazione farmacologica.
Lo studio ha coinvolto 3.411 adulti con obesità o sovrappeso, ma senza diabete, divisi in quattro gruppi: il primo ha ricevuto il mix CagriSema, il secondo solo semaglutide, il terzo solo cagrilintide, e il quarto un placebo. Tutti i partecipanti hanno seguito un programma di supporto allo stile di vita. Al termine delle 68 settimane, il gruppo trattato con CagriSema ha mostrato una perdita di peso significativamente superiore rispetto agli altri gruppi, con una riduzione del 20,4% rispetto al 15,6% per il gruppo semaglutide e 3,2% per quello cagrilintide.
La combinazione di semaglutide e cagrilintide agisce su due vie ormonali complementari: semaglutide stimola il senso di sazietà, mentre cagrilintide riduce il desiderio di mangiare. Questa sinergia produce una risposta più intensa e prolungata nel tempo, che ha permesso risultati così promettenti.
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l'obesità è una delle principali sfide sanitarie del nostro tempo, con il numero di persone adulte obese triplicato dal 1975 e in continua crescita. Il trattamento con CagriSema rappresenta una nuova opportunità terapeutica non invasiva, compatibile con l'assistenza ambulatoriale e con buoni livelli di tollerabilità, rendendolo un'alternativa interessante per i pazienti che non rispondono alle terapie convenzionali.
Paolo Sbraccia conclude che i risultati ottenuti aprono la strada a nuove possibilità terapeutiche per una condizione che, troppo spesso, è sottovalutata o stigmatizzata. Questo studio contribuirà a nuove valutazioni da parte delle autorità regolatorie e potrà essere fondamentale per l'inserimento del trattamento nelle linee guida future per la gestione dell'obesità.
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