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DIRITTO D'AUTORE

Meta vince la causa sul copyright per l’IA LLaMA, mancano prove solide

Un giudice federale respinge le accuse degli scrittori, ma la legalità dell’uso di opere protette resta una questione aperta

Meta vince la causa sul copyright  per l’IA LLaMA, mancano prove solide

Una recente sentenza della Corte distrettuale di San Francisco ha dato ragione a Meta, archiviando una causa intentata da un gruppo di scrittori che accusavano l'azienda di aver violato i loro diritti d'autore. Al centro della disputa, l'addestramento del modello di intelligenza artificiale “LLaMA” su opere letterarie protette, avvenuto – secondo gli autori – senza alcun consenso.

Il giudice federale Vince Chhabria, incaricato del caso, ha tuttavia precisato che la decisione non rappresenta un via libera generale all’uso di contenuti protetti per addestrare modelli di IA. La sentenza, infatti, si basa sul fatto che i ricorrenti non sono riusciti a fornire argomentazioni solideprove sufficienti per sostenere le loro accuse.

Questa posizione lascia intendere che, con un impianto giuridico più robusto, azioni simili in futuro potrebbero avere esiti diversi. Chhabria ha sottolineato che la legalità dell’uso di materiali protetti da copyright da parte di Meta resta una questione aperta, suggerendo che l’argomento meriti un esame più approfondito da parte dei tribunali.

Pochi giorni prima, la stessa corte aveva emesso un verdetto simile riguardante Anthropic, la società sviluppatrice del chatbotClaude”. Anche in quel caso, il tribunale aveva escluso la violazione del copyright, ritenendo che l’uso dei testi fosse sufficientemente “trasformativo”. Tuttavia, Anthropic dovrà comunque affrontare accuse relative alla modalità di acquisizione dei testi, provenienti da fonti non autorizzate.

Nonostante la decisione favorevole a Meta, il giudice Chhabria ha espresso riserve sul concetto di "trasformazione" come giustificazione automatica dell’uso di opere protette. A suo avviso, si tende a sottovalutare l’impatto economico che tali pratiche possono avere sul mercato editoriale. In particolare, ha messo in discussione la correttezza dell’utilizzo di opere letterarie per sviluppare tecnologie capaci di generare contenuti in concorrenza diretta con quelli originali, e potenzialmente capaci di generare ricavi miliardari.

Il giudice ha osservato che, anche se l'addestramento può avere un carattere trasformativo, è difficile considerarlo un uso corretto quando viene impiegato per creare strumenti capaci di produrre una quantità potenzialmente illimitata di opere simili, con un impatto significativo sul valore di mercato dei testi originali.

L’addestramento dei modelli linguistici alla base dell’intelligenza artificiale generativa richiede enormi quantità di dati, e proprio su questo fronte si moltiplicano le contestazioni. Musicisti, scrittori, artisti visivi e organi di stampa stanno sempre più spesso ricorrendo ai tribunali per contrastare l’uso non autorizzato delle proprie opere da parte delle aziende tecnologiche, accusate di sfruttare contenuti protetti senza consensocompenso.

Sebbene le prime sentenze sembrino favorire le Big Tech, il quadro legale è tutt’altro che definito. La giurisprudenza in materia si sta ancora formando, e ogni nuovo caso può contribuire a delineare i confini tra innovazione tecnologica e tutela del diritto d’autore.

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