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30 Giugno 2025 - 06:00
I tre fondatori di Fratelli d'Italia: Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa
Fratelli d’Italia (FdI) è ormai un attore consolidato nel panorama politico italiano, ma la vera sfida che questo partito deve affrontare è quella di riuscire a diventare un soggetto politico sistemico, in grado di anteporre l’interesse nazionale a quello di parte. Un partito che si ponga come punto di riferimento per l’intera Nazione, piuttosto che per un segmento specifico della società, e che ottenga il consenso delle diverse componenti sociali. Questa trasformazione rappresenta una necessità per FdI, se vuole ambire a giocare un ruolo centrale e duraturo nella politica italiana, oltre a una risposta alle crescenti istanze di cambiamento che percorrono la società. La forza che il partito potrebbe ulteriormente esercitare, in un contesto internazionale e nazionale in continua evoluzione, dipende dalla capacità di leggere e interpretare le sfide contemporanee, al di là degli schemi tradizionali, rispondendo alle necessità di un Paese che cerca stabilità e credibilità. Il percorso di crescita di FdI, che da un modesto 4% nel 2018 ha raggiunto il 30% dei consensi, rappresenta un fenomeno significativo nell’arco della politica italiana. Tuttavia, il dato più interessante non riguarda tanto la sua percentuale elettorale, quanto la sua capacità di attrarre una platea più ampia di elettori, che supera i confini strettamente elettorali del partito. Questo consenso trasversale è un indicatore importante del suo potenziale futuro, che non si limita a un’area politica o subculturale specifica ma coinvolge segmenti diversi della società, tra cui classi sociali e territori tradizionalmente non legati a forze politiche di destra. In questo contesto, il partito di Giorgia Meloni potrebbe rappresentare una forza capace di legittimarsi come espressione di un’intera Nazione, al di sopra delle divisioni ideologiche che storicamente hanno polarizzato il Paese. Il livello di approvazione nei confronti della leader di FdI, infatti, risulta superiore rispetto ai consensi elettorali ottenuti dal partito, un dato che evidenzia come la sua figura sia percepita come un simbolo di stabilità e leadership, anche tra coloro che non si riconoscono in una visione politica di destra. La sfida che Fratelli d’Italia deve affrontare è quindi quella di consolidare questa posizione di equilibrio, rappresentando una forza politica che non si limiti a parlare a una parte del paese, ma che possa effettivamente incarnare l’interesse pubblico nel soddisfacimento dei bisogni del paese. Per diventare davvero il Partito della Nazione, FdI dovrà affrontare alcuni nodi cruciali, in particolare il superamento e lo smembramento delle consolidate logiche clientelari che da decenni caratterizzano la politica italiana. In un sistema politico in cui il clientelismo e la gestione delle rendite politiche locali sono stati per lungo tempo il fondamento del consenso, è necessario che il partito dimostri di essere in grado di disarticolare questi meccanismi. Le rendite politiche, che si sono manifestate nei centri di potere locali, si sono spesso legate alle nomine nelle società pubbliche e parapubbliche, creando un sistema di potere che ha sostenuto forze politiche come il Partito Democratico (PD), ma che ormai appare obsoleto. La classe dirigente che ha beneficiato di questi meccanismi è stata in larga parte disconnessa dalle reali esigenze della società, e proprio per questo oggi appare sempre più lontana dalle aspettative di ampie fasce della popolazione. Superare queste rendite, in questo senso, è essenziale per permettere al partito di guadagnarsi la fiducia di tutti gli italiani, non solo di una parte di essi. Il passaggio a un governo più meritocratico e capace di riconoscere il valore delle competenze, piuttosto che il semplice orientamento politico, rappresenta quindi una condizione imprescindibile per FdI se intende stabilizzarsi come partito centrale nel sistema politico. Inoltre è fondamentale il confronto con le parti politiche più ragionevoli (come il partito Azione di Calenda) e la programmazione con le parti sociali. Un segnale importante verso questa direzione è la presa di posizione della Cisl, che si è distinta dagli altri sindacati maggiori, come la Cgil e la Uil, per la sua disponibilità al confronto continuo con il governo. La Cisl ha anche partecipato attivamente al recente referendum, schierandosi con l’esecutivo e prendendo una posizione chiara che si discosta nettamente dalla tradizionale opposizione sindacale, rappresentando una componente che riconosce la necessità di un nuovo corso. Questo segnala un’apertura che potrebbe avere rilevanti implicazioni per il futuro politico del Paese, facendo emergere un sindacato più dialogante e orientato verso la stabilità. La Cisl, con questa mossa, non solo ha dato il via a un rinnovamento del suo approccio, ma ha anche contribuito a rafforzare la novità di un governo che, per la sua parte, ha saputo consolidare un intenso confronto sociale con un sindacato che ha scelto di non restare ancorato a logiche ideologiche antiquate. Questo cambiamento è emblematico di una più ampia tendenza di superamento delle vecchie divisioni e di un tentativo di costruire un’alleanza più solida e moderna tra le istituzioni politiche e sociali. In parallelo, un altro aspetto fondamentale per il partito riguarda la questione della magistratura. In Italia, la magistratura ha acquisito un ruolo che va oltre quello previsto dalla Costituzione, assumendo, in alcuni casi, un atteggiamento militante che spesso ha minato la stabilità dei governi legittimamente eletti. Da Mani Pulite in poi, il potere giudiziario ha talvolta agito come un contrappeso e una forza di opposizione al potere esecutivo, creando una tensione istituzionale che ha rallentato il normale funzionamento delle istituzioni. Superare questa forma di politicizzazione della giustizia sarebbe, per Fratelli d’Italia, un passo cruciale per la modernizzazione del paese consolidando la propria immagine di forza politica sistemica e istituzionale. Un altro obiettivo ambizioso per FdI è quello di costruire una classe dirigente che sia in grado di rispondere alle sfide del Paese in modo competente e pragmatico. La selezione delle figure politiche dovrebbe avvenire sulla base del merito e non della fedeltà. Ma la crescita di una classe dirigente interna abbisogna di anni, se non di lustri. Pertanto è fondamentale, per FdI, sussumere, in tutti i settori compreso quello della cultura e dell’università, quel ceto di intellettuali, manager, alti burocrati e servitori dello stato che sappiano mandare avanti con efficienza la macchina dello stato avendo come obbiettivo solo l’interesse della nazione. Il rischio, altrimenti, è quello di perpetuare i vecchi schemi che hanno caratterizzato la politica italiana, fatta di alleanze di convenienza e logiche clientelari. La competenza, il merito e l’esperienza dovranno essere i criteri di riferimento per l’ingresso della classe dirigente, con l’obiettivo di garantire una leadership capace di rispondere alle esigenze di tutti i cittadini, senza distinzioni politiche o di parte. L’Italia, nel corso degli ultimi decenni, ha visto il progressivo disfacimento del sistema politico che affondava le radici nelle polarità ideologiche del dopoguerra. La politica italiana, caratterizzata dalle divisioni tra destra e sinistra, è oggi sempre più incapace di rispondere alle sfide della società contemporanea, che è più fluida, interconnessa e globale rispetto a quella di 50 anni fa. FdI, quindi, avrebbe l’opportunità di costruire una nuova visione politica che non sia legata a schemi superati, ma che sappia rispondere in modo concreto e moderno alle sfide politiche, economiche e sociali. La fine delle ideologie del dopoguerra, l’evoluzione della società e le sfide globali richiedono una politica che metta al centro l’interesse nazionale, superando i tradizionali conflitti ideologici. FdI, con la sua crescente centralità, potrebbe giocare un ruolo fondamentale, nella seconda parte della legislatura: proporsi come il perno aggregante di un nuovo sistema politico, capace di guidare l’Italia in un’epoca che richiede un governo stabile, capace di affrontare le sfide globali e interne senza le zavorre di un passato ideologico che, ormai, sembra appartenere a un’altra epoca.
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