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La polemica
01 Luglio 2025 - 15:10
I musei sono spesso definiti "cimiteri dell'arte", ma alla Galleria d'Arte Moderna di Roma (GAM) sembra che il sindacalismo più estremo sia invece vivo e vegeto, e in mostra permanente. Un episodio emblematico ne è la prova, dipingendo un quadro surreale della cultura nel nostro Paese. Le sigle sindacali che rappresentano i dipendenti della GAM sono riuscite in un'impresa unica nel suo genere: far rimuovere l'installazione "Picco di Memoria" di Ahmet Güneştekin.
Il motivo? L'opera, a detta dei sindacati, emanerebbe un "cattivo odore". Un concetto olfattivo che le rappresentanze sindacali, fedeli alla loro tradizione linguistica, hanno tradotto in puro burocratese: "l’opera emana un odore acre, pungente e disturbante per custodi, guide turistiche e visitatori rendendo insopportabile la permanenza nel settore, tanto che i lavoratori assegnati a sorvegliare quelle zone lamentano mal di testa e sensazione di nausea e in taluni casi sono costretti a indossare le mascherine lamentando mal di testa e sensazione di nausea".
La lettera, inviata a stretto giro ai responsabili della GAM, ha ottenuto una risposta immediata quanto inaspettata. Invece di difendere con fierezza la libera scelta di esporre l'installazione – un cumulo di scarpe simbolo dello sterminio nei campi di concentramento – la direzione ha "abbassato la testa", dando corso alla richiesta di Fp Cgil, Cisl Fp e Uilpa, e di altre sigle. Le scarpe sono state rimosse e trasferite "in un luogo più consono".
L'opera di Güneştekin, pur non essendo considerata da alcuni un capolavoro originale, non è il punto centrale della questione. L'arte, per sua natura, è divisiva. Il vero problema che emerge alla GAM è il paradosso per cui a decidere se e cosa far vedere al pubblico siano ora i sindacati, autoproclamatisi curatori e critici d'arte. Questo episodio solleva seri interrogativi sulla libertà di espressione artistica e sull'opportunità che dinamiche sindacali interferiscano con le scelte culturali e museali.
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