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Sanità
02 Luglio 2025 - 15:10
Dopo mesi di rallentamenti, il disegno di legge sul fine vita in Italia ha finalmente superato una tappa importante al Senato. Martedì 1 luglio, la proposta dei relatori di maggioranza è stata adottata come testo base per l’avvio dell’esame parlamentare, con il voto favorevole del centrodestra e il netto no delle opposizioni. Le commissioni Giustizia e Sanità hanno stabilito che gli emendamenti potranno essere presentati entro l’8 luglio, mentre la discussione in aula è attesa per il 17 luglio.
Il testo, frutto di un compromesso tra varie proposte di legge presentate nel corso dell’ultimo anno, è composto da quattro articoli fondamentali:
Il diritto alla vita viene riaffermato come fondamento di tutti gli altri diritti, senza distinzioni di età, condizioni di salute o status sociale.
Sparisce la controversa espressione “dal concepimento alla morte naturale” che aveva suscitato polemiche sull’aborto.
Il trattamento di fine vita non sarà erogato dal Servizio sanitario nazionale: medici, farmaci e strumenti pubblici non potranno essere impiegati a questo scopo.
Chi assiste una persona nel trattamento non sarà considerato penalmente responsabile.
La valutazione dei requisiti per accedere al trattamento sarà affidata a un Comitato nazionale di valutazione, nominato dal governo, con tempi ridotti da 120 a 90 giorni.
Le cure palliative non saranno obbligatorie ma garantite su tutto il territorio, con l’obiettivo di evitare disparità regionali.
Il testo base nasce dall’attività del comitato ristretto, incaricato a dicembre di trovare un accordo tra le varie proposte. Dopo un anno di stallo, la maggioranza ha deciso di presentare un proprio testo, accelerando l’iter in vista della discussione in aula. Non mancano però le critiche, soprattutto sulla nomina governativa del Comitato nazionale, giudicata “troppo politicizzata” dalla sinistra.
In Francia, la legge sul fine vita è regolata principalmente dalla Claeys-Leonetti (2016), che non consente né eutanasia né suicidio assistito. Tuttavia, nel 2024 il presidente Macron ha annunciato un progetto per legalizzare una forma controllata di suicidio assistito. L’Assemblée nationale ha approvato due leggi in prima lettura: una garantisce l’accesso alle cure palliative ovunque, l’altra introduce l’“aiuto a morire”. Le richieste devono essere presentate da pazienti con malattie gravi e irreversibili, residenti o cittadini francesi, e sono valutate da un collegio medico.
Anche il Regno Unito ha fatto passi avanti. La Camera dei Comuni ha approvato il Terminally Ill Adults (End of Life) Bill, che regolamenta il suicidio assistito per malati terminali con aspettativa di vita inferiore a sei mesi, con il consenso di due medici. La proposta, valida per Inghilterra e Galles, è ora al vaglio della Camera dei Lord. Sono previste garanzie per l’obiezione di coscienza dei medici.
Attualmente, sono 23 Paesi al mondo che autorizzano il suicidio medicalmente assistito, tra cui Germania, Svizzera, Austria, Belgio, Spagna e Portogallo in Europa. Altri 101 Stati, inclusi Francia, Regno Unito, Polonia e diversi Paesi nordici, non lo consentono.
L’Italia si muove dunque in un contesto europeo in evoluzione, cercando di trovare un equilibrio delicato tra tutela della vita, diritti individuali e sensibilità sociali.
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