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Caso Garlasco
07 Luglio 2025 - 15:05
Gli esperti della difesa di Andrea Sempio sostengono che l’impronta denominata “33”, rinvenuta sul muro della scala che conduce alla cantina dove è stato scoperto il corpo di Chiara Poggi, non rappresenti una traccia ematica, bensì una semplice macchia di sudore, generata da un normale contatto fisiologico. Questa posizione è stata espressa da Luciano Garofano e Luigi Bisogno, consulenti incaricati di affiancare la strategia difensiva di Sempio, accusato dell’omicidio di Garlasco, in un’integrazione tecnica depositata nella giornata odierna.
I due periti hanno confermato il loro dissenso rispetto alle conclusioni tratte dai consulenti della Procura, i quali attribuiscono proprio a Sempio l’impronta in questione. Gli avvocati difensori, Massimo Lovati e Angela Taccia, ribadiscono pertanto il loro disaccordo con la ricostruzione accusatoria, evidenziando come la macchia non possa che essere sudore, contrariamente a quanto sostenuto dagli esperti del pubblico ministero, che invece la ritengono sangue.
Nel dettaglio, Garofano e Bisogno parlano di un “pregiudizio interpretativo” da parte dei consulenti della Procura, che a loro avviso hanno abbandonato i protocolli scientifici standard, confondendo segni superficiali sul muro — definiti “interferenze murarie” — con vere e proprie strutture papillari, attribuendo erroneamente importanza a dettagli marginali.
Inoltre, viene sottolineato come già nelle prime analisi svolte dal Ris fosse stata esclusa la presenza di sangue sull’impronta. Nel 2007, gli inquirenti tentarono invano di recuperare l’intonaco prelevato per ulteriori esami. Per i difensori di Sempio, tutto questo conferma che l’impronta non può che derivare da sudore, e non da tracce ematiche.
I consulenti della difesa contestano anche la metodologia usata per sovrapporre l’impronta a quella di Sempio: la corrispondenza non rispetterebbe nemmeno i margini di tolleranza accettabili. Inoltre, sostengono che la traccia “33” sia stata impressa in tre momenti distinti, in modo involontario e complesso.
Non manca poi una critica all’impiego, da parte della Procura, di un software automatico per il riconoscimento di 15 punti caratteristici, ritenuto inadeguato per questo tipo di impronte, perché potrebbe indurre a sovrapposizioni errate e all’individuazione di dettagli privi di valore morfologico.
La difesa precisa anche che cinque minuzie rilevate non possono essere con certezza attribuite a Sempio, mentre le altre sarebbero semplici segni sul muro.
Parallelamente, una consulenza tecnica recente, presentata dagli avvocati della famiglia Poggi, confermerebbe l’impossibilità di attribuire l’impronta “33” a Sempio. Intanto, la difesa di Alberto Stasi sta predisponendo proprie osservazioni tecniche da sottoporre ai pm, chiedendo approfondimenti. Secondo i legali di Stasi, infatti, la stessa impronta appare “densa” e impregnata di materiale biologico, probabilmente sangue.
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