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Risposta ai Dazi
08 Luglio 2025 - 12:05
Davanti alla minaccia dei nuovi dazi americani sull’agroalimentare europeo, il governo italiano gioca una carta che più che una strategia sembra uno spuntino: una fettina di bresaola, sottile, speziata e made in Italy… ma con carne americana. Sì, anche ormonata. Purché resti fuori dai nostri piatti.
È questa la proposta lanciata dal ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida: produrre in Italia bresaola utilizzando carne proveniente dagli Stati Uniti, nonostante sia vietata in Europa, a patto che il prodotto finito venga riesportato oltreoceano. Un compromesso “vincolato” – lo definisce lui – per aggirare lo stallo commerciale.
La logica è puramente commerciale. Gli Usa minacciano dazi fino al 17% su salumi e formaggi, un colpo durissimo per l’Italia che sull’export agroalimentare costruisce un business da oltre 8 miliardi di euro. E allora ecco la contromossa: accettare di produrre “all’americana” per salvare la fetta di mercato.
Ma la trovata – tra il tecnico e il surreale – ha scatenato una raffica di critiche. Dall’opposizione il fuoco è aperto. Silvia Fregolent, senatrice di Italia Viva, non usa mezzi termini: “Così si svuota il senso del Made in Italy. È una resa culturale e commerciale alle pressioni di Washington. Il nostro marchio è sinonimo di qualità, sicurezza, tracciabilità. Non possiamo trasformarlo in un’etichetta vuota”.
A ben vedere, c’è un nodo che il ministro conosce bene. La bresaola della Valtellina, prodotto DOP simbolo della tradizione alpina, viene già prodotta per circa il 90% con carne estera. Il “paradosso insaccato” è tutto qui: esportiamo l’immagine di un’eccellenza locale, ma dietro l’etichetta ci sono filiere globali. E proprio lì si insinua la proposta di Lollobrigida: legalmente fattibile, politicamente rischiosa.
E mentre si parla di bresaola, la partita è molto più ampia: dazi, soia, formaggi, diplomazia economica. “Se compriamo più soia americana per i nostri allevamenti, forse possiamo ottenere meno dazi sul Parmigiano”, ha detto il ministro. Un gioco a somma (quasi) zero dove la filiera italiana rischia di diventare sempre più globale… ma anche più opaca.
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