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Se la patata si fa piccola: un segnale silenzioso del collasso climatico

In Cina, test scientifici simulano il futuro a +3 °C: ecco qual è il risultato

Se la patata si fa piccola: un segnale silenzioso del collasso climatico

Nel 2100 potremmo affettare patate grandi quanto un uovo di quaglia. Non è fantascienza ma un possibile scenario delineato da esperimenti reali condotti nei laboratori vicino a Pechino. Qui, un gruppo di ricercatori del Centro Internazionale della Patata (CIP) ha simulato un mondo più caldo di 3 gradi rispetto alla media attuale, per studiare come reagiranno i raccolti al cambiamento climatico.

Il risultato è allarmante: le patate crescono più in fretta, ma con un peso medio di soli 136 grammi, ben al di sotto della soglia abituale di 150–300 grammi per un tubero da tavola. In altre parole, la produttività apparente nasconde una realtà: raccolti meno abbondanti e meno nutrienti.

Le patate, terzo alimento più coltivato al mondo dopo grano e riso, sono fondamentali per la sicurezza alimentare globale. Richiedono poca acqua e meno terra rispetto ad altre colture, ma paradossalmente sono anche tra le più vulnerabili. Il riscaldamento globale e l’aumento di eventi estremi – piogge anomale, ondate di calore, siccità, malattie fungine aggressive come la peronospora – mettono a rischio i raccolti. La Cina, primo produttore al mondo, ne è già colpita: raccolti ritardati, compromessi o irrecuperabili diventano sempre più frequenti.

La CIP sta lavorando per sviluppare varietà più resistenti al caldo e alle malattie, utilizzando incroci mirati e metodi di coltivazione innovativi, come l’aeroponica. Ma i problemi non si fermano ai confini cinesi. Anche in Italia, le patate stanno diventando il simbolo di una crisi agricola più ampia. Secondo il CREA, il 2022 è stato l’anno peggiore per la resa delle patate italiane da oltre un decennio, colpite dallo stress termico, dalla scarsità d’acqua e dalla perdita di varietà adatte al nostro clima.

Che cosa possiamo fare? La soluzione non è solo tecnica. Serve più ricerca agricola pubblica, filiere resilienti e sostenibili, premi per chi coltiva con metodi rigenerativi e un nuovo valore attribuito al lavoro agricolo. La prossima crisi alimentare potrebbe non arrivare solo per ragioni geopolitiche, ma per motivi climatici. E potrebbe iniziare, silenziosamente, da un piccolo campo di patate.

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