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08 Luglio 2025 - 11:25
Nel cuore del deserto dell’Arizona sorge una struttura che sembra uscita da un romanzo di fantascienza: Biosfera 2, un enorme complesso di vetro e acciaio progettato per contenere al suo interno un’intera replica della Terra. Sotto una cupola trasparente, trovano spazio una foresta pluviale, una savana, un deserto nebuloso, una zona umida di mangrovie e persino un oceano con barriera corallina viva. Un microcosmo di 1,2 ettari costruito per testare la possibilità di vita autosufficiente fuori dal nostro pianeta.
Era il 1991 quando otto persone si chiusero dentro per due anni, con l’ambizioso obiettivo di sopravvivere in completo isolamento, coltivando il proprio cibo, riciclando acqua e aria, e gestendo autonomamente ogni elemento del proprio ecosistema. Il progetto, finanziato privatamente, mirava a simulare le condizioni di vita in ambienti extraterrestri come Marte o la Luna. Tuttavia, ben presto emersero difficoltà impreviste. L’equilibrio chimico dell’aria si alterò rapidamente: i livelli di ossigeno crollarono, quelli di anidride carbonica salirono, causando difficoltà respiratorie nei partecipanti. Molti insetti impollinatori morirono, compromettendo le coltivazioni, e le risorse alimentari si rivelarono insufficienti. I biosferiani persero peso, soffrivano di sintomi simili a quelli dell’alta quota e le tensioni sociali si acuirono. La missione fu presto etichettata come un fallimento.
Eppure, a distanza di oltre trent’anni, l’esperimento di Biosfera 2 viene rivalutato alla luce delle attuali emergenze ambientali. Oggi è considerato un monito potente sulla complessità degli equilibri naturali. Ha dimostrato, con una chiarezza drammatica, quanto sia difficile riprodurre artificialmente ciò che la Terra realizza ogni giorno in modo naturale: la regolazione del clima, la purificazione dell’aria, l’impollinazione, la fertilità del suolo.
Attualmente Biosfera 2 è un laboratorio scientifico attivo, gestito dall’Università dell’Arizona. Qui i ricercatori simulano scenari di crisi climatica — dalla siccità all’aumento delle temperature, dall’acidificazione degli oceani al declino delle foreste — per studiare come gli ecosistemi potrebbero reagire ai cambiamenti in corso sul nostro pianeta.
Il progetto nacque da un gruppo che viveva in un ecovillaggio e cercava un nuovo modo di convivere con la natura. La loro intuizione, per quanto utopica, ci ha lasciato un’eredità importante: la consapevolezza che la Terra non è solo il nostro habitat, ma un sistema vivente estremamente interconnesso. L’esperimento ha anche mostrato che non basta creare una cupola per controllare la vita: ci vogliono microbi, vento, relazioni invisibili tra esseri viventi — in altre parole, ci vuole tutto ciò che rende la Terra così incredibilmente speciale.
In un’epoca in cui si torna a parlare con entusiasmo di colonizzazione spaziale, Biosfera 2 ricorda che la vera sfida non è costruire bolle di vetro su Marte, ma prenderci cura della nostra Biosfera 1, l’unico pianeta abitabile che abbiamo.
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