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Salute
09 Luglio 2025 - 16:20
L’Italia si prepara a varcare una nuova frontiera della psichiatria. Dopo il via libera ufficiale dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, parte la prima sperimentazione clinica nazionale sull’impiego della psilocibina – la sostanza psichedelica contenuta in alcuni funghi allucinogeni – nel trattamento della depressione resistente.
“Un cambio di paradigma”, lo definisce Giovanni Martinotti, Professore Ordinario di Psichiatria e direttore della Clinica Psichiatrica dell’ospedale di Chieti, dove si condurrà lo studio, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e finanziato con fondi del PNRR.
La sperimentazione coinvolgerà 68 pazienti affetti da forme di depressione refrattarie ai farmaci tradizionali. Per due anni verranno monitorati mentre saranno sottoposti a trattamenti con la psilocibina, un principio attivo naturale che agisce sui recettori della serotonina, molecola chiave nella regolazione dell’umore e della percezione.
La psilocibina, trasformata dall’organismo in psilocina dopo l’assunzione, è al centro da tempo dell’attenzione scientifica per i suoi possibili effetti terapeutici. Nonostante sia ancora considerata una sostanza stupefacente illegale in molti Paesi, Italia compresa, gli studi clinici in Stati Uniti, Regno Unito, Svizzera e Australia hanno già mostrato risultati sorprendenti: anche una o due somministrazioni potrebbero produrre effetti duraturi sui pazienti non responsivi alle terapie convenzionali.
La sfida italiana sarà duplice: da un lato testare l’efficacia della psilocibina in un contesto clinico rigorosamente controllato, dall’altro esplorarne una versione “non psichedelica”. L’obiettivo è ambizioso: mantenere i benefici terapeutici eliminando gli effetti allucinogeni.
“Per la prima volta potremo valutarne l’efficacia clinica in un contesto supervisionato – ha spiegato Francesca Zoratto, ricercatrice dell’ISS e principal investigator del progetto – e al tempo stesso aprire la strada a nuove formulazioni prive di effetti psicotropi”.
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