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LA POLEMICA
11 Luglio 2025 - 12:27
La Camera Penale del Piemonte occidentale ha duramente criticato lo svolgimento del processo a carico di dieci giovani imputati per i disordini avvenuti nell’agosto 2024 all’interno del carcere minorile Ferrante Aporti di Torino. Gli avvocati parlano di «una maratona giudiziaria inaccettabile» e denunciano che l’udienza preliminare, celebrata martedì scorso, è durata quasi 15 ore, concludendosi solo poco prima di mezzanotte per evitare la scadenza delle misure cautelari detentive fissata per il giorno successivo. Secondo la Camera Penale, quanto avvenuto rappresenta «una dimostrazione di come si stia progressivamente smarrendo la vera natura del processo minorile», che dovrebbe invece garantire «un giusto processo, un tempo adeguato per la difesa, la riflessione del giudice e un percorso orientato al recupero e al reinserimento». Nel documento si esprime forte preoccupazione per quella che viene definita una «deriva sempre più repressiva e carcerocentrica del processo», aggravata dagli effetti del cosiddetto “decreto Caivano”, che avrebbe determinato un aumento del 55% dei minorenni in custodia cautelare in carcere.
Un dato ritenuto «insostenibile» per strutture già in condizioni di sovraffollamento, con gravi conseguenze sulla sicurezza interna, sul rischio suicidario e sulle possibilità di offrire percorsi educativi e riabilitativi. «Il tempo nel processo minorile ha un valore speciale perché riguarda non solo la responsabilità penale ma anche la costruzione del futuro di un ragazzo o di una ragazza. Trattare procedimenti così delicati come scadenze da rispettare ‘a qualunque costo’ significa compromettere i diritti fondamentali di difesa e snaturare la finalità della giustizia minorile». La Camera Penale ricorda inoltre che le misure cautelari devono rispettare i principi di proporzionalità e adeguatezza, evitando che la custodia in carcere diventi «una regola automatica». L’appello finale è rivolto a magistratura, politica ed enti locali: «Tornare a porre il minore al centro, investire in progetti concreti di reinserimento, rivedere norme repressive che producono nuove marginalità e migliorare l’organizzazione delle udienze».
«La giustizia minorile – concludono gli avvocati – deve restare un modello di civiltà giuridica e tutela dei più fragili, non un surrogato del processo ordinario finalizzato solo all’applicazione di pene detentive».
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