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GIUSTIZIA

“Silenzio o botte”: il lato oscuro dei mercatini di Natale. La procura chiede 4 anni e 6 mesi per gli uomini di Ferrara

Dai mercatini torinesi a un'aula di tribunale: l'inchiesta svela una rete di intimidazioni e minacce per il controllo del business

“Silenzio o botte”: il lato oscuro dei mercatini di Natale. La procura chiede 4 anni e 6 mesi per gli uomini di Ferrara

Dietro le luci calde delle bancarelle natalizie, dietro l’aroma del cioccolato e i sorrisi di chi passeggia tra gli stand, c’era — secondo la procura — un sistema fatto di ombre, di silenzi comprati, di minacce sussurrate o urlate. Un sottobosco opaco costruito intorno a Francesco Ferrara, imprenditore di riferimento per i mercatini di Natale e per la manifestazione Cioccolatò, oggi sotto processo.

Attorno a lui, una cerchia di “fedelissimi” che — così sostiene la procura — avrebbe usato metodi mafiosi per riscuotere denaro, zittire i creditori, punire chi osava alzare la testa. Nessuna organizzazione formale, nessuna cupola: solo una rete, fluida e pericolosa, che avrebbe agito nell’ombra. Sequestri di persona, violenze private, pressioni fisiche e psicologiche per ottenere ciò che Ferrara riteneva suo. Ieri, l’aula del tribunale di Torino ha vissuto una svolta nel procedimento: l’udienza è entrata nel vivo. La pm Manuela Pedrotta ha chiesto le prime condanne, con l’aggravante del metodo mafioso per tutti gli imputati del processo in rito abbreviato. La richiesta più pesante riguarda Giacomo Lo Surdo, ex capo degli Arditi, gruppo ultrà della Juventus già coinvolto nella maxi-inchiesta “Minotauro” sulla ’ndrangheta. Per lui, chiesti 4 anni e 6 mesi di carcere. È difeso dall’avvocato Domenico Peila. Stessa pena chiesta per Antonio Masotina, detto “Formaggino”, un nome noto negli ambienti criminali, pluripregiudicato, assistito dall’avvocato Cosimo Palumbo, che ha chiesto l’assoluzione «per non aver commesso il fatto». Poi c’è Salvatore Spera, pregiudicato fin dagli anni ’90, con alle spalle un curriculum giudiziario lungo tre decenni. La procura lo vuole condannato a 4 anni e 6 mesi. La sua difesa è affidata all’avvocato Rocco Femia. Per Gregorio Voci, invece, la pm ha chiesto una pena più lieve: 1 anno e 4 mesi. Secondo l’accusa, sarebbe stato un fiancheggiatore di Ferrara, presente in almeno un episodio di sequestro di persona e violenza privata. È difeso dall’avvocata Chiara Vittone. Ferrara, insieme a Paolo Madoglio, ritenuto il suo “braccio armato”, ha invece scelto il rito ordinario. Madoglio sarebbe stato l’uomo a cui Ferrara si rivolgeva “quando serviva la forza”, quando bisognava “convincere” qualcuno. Con i metodi che la procura definisce senza esitazioni: mafiosi.

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