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pensione d'invalidità
14 Luglio 2025 - 15:45
Inps, immagine di repertorio
Con una sentenza destinata a cambiare profondamente l’accesso alle prestazioni di invalidità, la Corte costituzionale ha stabilito che anche i lavoratori che si trovano nel sistema contributivo puro (ovvero chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1996) hanno diritto a un assegno minimo di invalidità pari a 603,40 euro mensili. Un cambio di rotta significativo, che corregge una storica disparità nel sistema previdenziale italiano.
Finora, infatti, questi lavoratori non avevano alcuna tutela aggiuntiva in caso di invalidità: l’assegno era calcolato unicamente sui contributi versati, spesso con importi troppo bassi per garantire un’esistenza dignitosa. L’integrazione al minimo era riservata solo a chi rientrava nei regimi retributivo o misto.
La pronuncia della Corte, pubblicata il 9 luglio 2025, pur introducendo una tutela attesa da anni, non ha effetto retroattivo. Non ci saranno quindi rimborsi per chi in passato ha ricevuto assegni inferiori: la nuova norma si applicherà solo alle richieste successive alla pubblicazione della sentenza. I costi dell’integrazione saranno sostenuti attraverso la fiscalità generale, come già avviene per altre prestazioni assistenziali.
La decisione segna un punto di svolta, ma lascia aperti interrogativi più ampi. Il sistema contributivo puro continua a mostrare fragilità, soprattutto per le generazioni più giovani, che rischiano in futuro di ricevere pensioni inferiori a ogni soglia di dignità. Il dibattito su una pensione di garanzia resta sullo sfondo, rinviato per ora a causa delle incertezze sulla tenuta dei conti pubblici.
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