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Il dato
15 Luglio 2025 - 11:55
- Coldiretti segnala un calo della produzione fino al 30% in alcune regioni;
- Gli allevatori adottano misure straordinarie che aumentano i costi;
- Rischi concreti per la filiera del Made in Italy;
- Serve un intervento nazionale per salvare un settore strategico per economia e alimentazione.
Mentre l’attenzione pubblica è tutta rivolta all’inflazione e alla transizione ecologica, nelle campagne italiane si combatte un’altra emergenza: la crisi climatica, che colpisce duramente la produzione di latte. Secondo Coldiretti, l'ondata di calore che sta attraversando il nostro paese ha già causato un crollo produttivo di circa il 30% in alcune aree, mettendo a rischio la tenuta economica di centinaia di aziende agricole.
Il settore lattiero-caseario è infatti uno tra i più colpiti dagli effetti estremi del clima. In Lombardia, regione che da sola produce quasi la metà del latte italiano, si registra un calo medio del 10%, con punte fino al 15%. Tradotto in numeri, si parla di 1,8 milioni di litri di latte in meno ogni giorno.
Per contrastare gli effetti del caldo sulle mucche, gli allevatori stanno adottando misure straordinarie, come l'utilizzo di ventilatori e docce nebulizzate nelle stalle e la somministrazione di sali minerali e diete potenziate, oltre ai maggiori controlli veterinari e riduzione dello stress da caldo. Questi interventi, però, comportano costi di gestione sempre più alti, senza che vi sia un corrispondente aumento nei ricavi. In molte aziende, i margini di profitto sono al minimo, se non completamente azzerati.
Il fenomeno, inoltre, non riguarda solo il Nord Italia. In Molise, Coldiretti segnala una riduzione del 30% della produzione di latte. In Puglia, la resa del foraggio è stata dimezzata, compromettendo l’alimentazione del bestiame. In Sardegna, la siccità ha portato alla sospensione dell’irrigazione dei campi di erba medica, elemento chiave per l'alimentazione animale. Una crisi che si allarga anche ad altri settori, colpendo colture, raccolti e risorse idriche, rendendo tutta la filiera ancora più fragile.
Quello che sta accadendo nelle stalle italiane è il segnale evidente di un cambiamento strutturale: la zootecnia è in prima linea nella crisi climatica. Servono interventi urgenti e una visione a lungo termine, che includa sostegni mirati per le aziende agricole, innovazioni tecnologiche per il benessere animale e, soprattutto una strategia nazionale di adattamento climatico in agricoltura.
Trovare una soluzione non è importante solo per le sue gravi ripercussioni sulla filiera produttiva, ma anche e soprattutto perché colpisce i consumatori, che oltre ad assistere ad un rincaro proprio di questa materia prima, vedono lievitare anche i prezzi dei suoi derivati, come yogurt, burro e formaggi. Un impatto diretto sulle famiglie italiane, in particolare su quelle a reddito più basso, già provate dal caro-spesa alimentare.
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