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sport e identità di genere
23 Luglio 2025 - 21:00
Il Comitato Olimpico e Paralimpico degli Stati Uniti (USOPC) ha ufficializzato il divieto per le atlete transgender di partecipare alle competizioni femminili, allineandosi all’ordine esecutivo firmato a febbraio dal presidente Donald Trump. La decisione è stata comunicata alle federazioni nazionali di nuoto, atletica e altri sport, le quali saranno obbligate ad adeguare le proprie politiche, pena la perdita dei fondi federali. Il provvedimento federale, intitolato “Tenere gli uomini fuori dagli sport femminili”, afferma di voler difendere le donne e le ragazze da ingiustizie e rischi fisici. La nuova linea dell’USOPC è stata integrata nella sezione dedicata alla sicurezza degli atleti e vincola ogni ente affiliato a conformarsi.
Immediata la reazione di diverse associazioni per i diritti civili. Il National Women’s Law Center ha condannato la decisione, accusando l’USOPC di “sacrificare l’inclusione” per assecondare “pressioni politiche”.
Ma cosa cambia concretamente? Al momento, poco o nulla. Le atlete transgender non sono oggi presenti nello sport olimpico di vertice. La nuotatrice Lia Thomas, che aveva fatto discutere per la vittoria in NCAA Division I, è già stata esclusa dalle Olimpiadi di Parigi. Altre figure spesso citate, come la pugile algerina Imane Khelif o la cinese Yu Ting, non sono transgender ma intersex o iperandrogine, quindi non toccate da questa norma.
Tuttavia, l’impatto del provvedimento si estenderà anche ai Giochi del 2028, che si terranno proprio negli Stati Uniti. Le nuove regole escluderanno la possibilità di gareggiare in categorie femminili a chi è identificata come transgender, anche se proveniente da altri Paesi. Un messaggio che rafforza la linea della Casa Bianca, intenzionata a fare della questione sport e identità di genere un punto fermo del proprio programma politico.
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