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Istruzione e merito
06 Agosto 2025 - 12:43
Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara
La scuola italiana resiste a tutto. A ogni ministro che passa e lascia dietro di sé tracce discutibili, riforme frettolose, annunci epocali poi sfumati in modesti aggiustamenti burocratici. La recente miniriforma sulla condotta voluta dal ministro Giuseppe Valditara, in carica con il ministero dell’Istruzione e del Merito, appare come l’ennesima puntata di un copione già visto: grandi proclami e interventi parziali, che poco incidono sul cuore malato del nostro sistema educativo. Che la scuola italiana soffra non è certo una novità. I dati Invalsi fotografano impietosamente questa realtà. Quasi il 50% degli studenti delle scuole superiori non riesce a comprendere correttamente un testo in italiano. Percentuali altrettanto sconfortanti riguardano la matematica, con il 55% degli studenti che non raggiunge competenze minime adeguate. Numeri deprimenti, che certificano il fallimento di un sistema scolastico incapace di rispondere ai bisogni reali degli studenti e alle richieste di un mondo che cambia rapidamente. Eppure, in questa desolazione, c’è un riferimento che resiste ostinatamente da oltre un secolo: la riforma Gentile del 1923. Un impianto scolastico criticato per la sua impronta elitaria, ma che aveva il merito indiscutibile di garantire una struttura rigorosa, basata su criteri chiari e su una gerarchia del sapere ben definita. Gentile mise al centro dell’istruzione la serietà degli studi, l’autorevolezza dei docenti, l’importanza della formazione umanistica e scientifica come fondamenta imprescindibili per formare cittadini consapevoli. Un patrimonio culturale e metodologico che, nonostante successive riforme e controriforme, resta ancora oggi l’unico punto fermo capace di garantire quel poco di credibilità che resiste nelle aule italiane.
Di fronte a questo modello, le iniziative del ministro Valditara appaiono ancor più discutibili. La recente miniriforma sui voti di condotta è esemplare in questo senso. Valditara ha voluto reintrodurre rigore apparente, prevedendo il “compito di cittadinanza” per gli studenti insufficienti in condotta e la bocciatura automatica per chi riceve un cinque. Misure drastiche sulla carta, che tuttavia rischiano di diventare solo strumenti retorici di un’autorità vuota, incapace di incidere veramente sulla qualità educativa e sul comportamento degli studenti. Ancor più bizzarra è stata la crociata del ministro contro i cellulari in classe, un divieto che sa di propaganda più che di reale attenzione alla didattica. Certamente il telefono cellulare può rappresentare una fonte di distrazione, ma vietarlo tout court, senza un progetto educativo serio sull’uso consapevole delle tecnologie, appare una scelta più demagogica che educativa. Valditara sembra voler risolvere problemi profondi con misure superficiali e repressive, incapaci di cogliere il senso vero della scuola: educare, formare, insegnare il senso critico, non semplicemente vietare o punire. L’ennesima dimostrazione arriva dal pasticcio creato intorno al voto di condotta applicato alla maturità: un voto pari o inferiore a otto comporterà la decurtazione dei crediti scolastici. Una soluzione goffa, che trasforma il comportamento in una sorta di punizione burocratica, piuttosto che in un’occasione formativa reale. Nonostante gli slogan sul merito e sulla severità, il vero problema rimane sempre lo stesso: la scarsità di risorse, la formazione carente dei docenti, l’inadeguatezza strutturale degli edifici scolastici, la difficoltà a rinnovare programmi didattici obsoleti. Problemi che Valditara ha sfiorato solo superficialmente, preferendo rifugiarsi nella facile scorciatoia di misure mediaticamente efficaci ma poco incisive. La scuola italiana avrebbe bisogno di ben altro. Avrebbe bisogno di coraggio e visione, di una riforma profonda che recuperi il meglio dell’eredità di Gentile, senza nostalgie o aprioristiche chiusure. Avrebbe bisogno di un ministro capace di guardare al futuro con serietà e lungimiranza, invece che perdere tempo in discussioni futili e misure di facciata. Valditara, da questo punto di vista, si è mostrato all’altezza del triste elenco dei suoi predecessori peggiori. Meloni prenda nota. E la scuola italiana, ostinatamente, continua in qualche modo a reggere.
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