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La storia
11 Agosto 2025 - 20:56
Un pugno al sacco appeso. «Mi sveglio e trovo decine di messaggi: il mio nome e cognome sul giornale». Carlo Alberto Ferrero, 36 anni, pugile e allenatore. Una storia che inizia a luglio 2024. «Conoscevo lei, era solare, divertente. Mi ha riempito di attenzioni». Ma questa lei ha una fede al dito e due figli. «Mi raccontava di non provare più nulla per il marito, lui dormiva sul divano. Non si fa, non si va con le donne sposate. Lo so. Ma ero innamorato e, a volte, il cuore detta scelte sbagliate».
Una storia tossica, tra alti e bassi, la loro. «Lei era gelosissima. Scenate continue, se vedeva una foto o un video dove allenavo una donna. Per me era lavoro e basta», racconta. «Io ricordo che ti chiamava anche alle 8 del mattino e urlava», dice un suo cliente presente, che attende la fine del colloquio per allenarsi.
«Qualcosa che mi ha fatto più male che bene, quando volevo lasciarla mi pregava di non farlo. Ci cascavo. E sapevo che non ero il primo con cui tradiva il marito: ma lei diceva che io ero speciale, che mi amava davvero». Poi una sera. «Suo marito si accorge della nostra relazione. Lei mi lascia e io, lo ammetto, ho reagito male. Le ho detto che avrei diffuso un nostro video fatto nei momenti di intimità». Un video fatto di nascosto? «No, assolutamente, è stata lei a volerlo girare, la eccitava. Fatto sta che non l’ho mai mandato a nessuno. L’ho insultata, ho usato parole cattive. È come se fossi esploso dopo mesi di accumulo. Mi rendo conto di aver sbagliato: ma lei fino al giorno prima mi spergiurava che avrebbe lasciato lui, per me». La donna si presenta dalle forze dell’ordine. «Ha detto loro che ero pericoloso e che lei e la famiglia erano a serio rischio». Gli uomini in divisa seguono la procedura del Codice Rosso. Si presentano da Ferrero, le manette, poi immediatamente in carcere. «Un giorno e una notte dentro. Comincia il processo» che si conclude a luglio. «Condannato, sì, ma non come riporta lei al giornale, facendomi passare per un mostro.
«Preciso», spiega l’avvocata Carola Coscia, legale di Ferrero, «il mio assistito è stato condannato in primo grado, 8 mesi. Ma non è stata una pena convertita in lavori di pubblica utilità». L’intenzione di Ferrero è quella di impugnare la sentenza. «In particolare in ordine al riconoscimento della fattispecie di atti persecutori, vista la durata brevissima e la reciprocità delle condotte». E il braccialetto elettronico di cui si parla in quell’articolo? «Con la sentenza non vi è stata da parte del giudice applicazione di misure cautelari; lui ha avuto per qualche mese l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, misura applicata in sede di scarcerazione, poi revocata stante il decorso del tempo e l’assenza di violazioni», conclude.Quindi, lui non l’ha più cercata dopo la denuncia. E lei? Ferrero non risponde: «Come sono andate davvero le cose, si vedrà al termine del procedimento giudiziario». Poi torna al sacco.
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