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Sanità
12 Agosto 2025 - 16:30
Una nuova speranza per migliaia di giovani e famiglie che convivono con la minaccia del diabete mellito di tipo 1: all'Azienda ospedaliero-universitaria "Cesare Arrigo" di Alessandria è stato eseguito uno dei primi trattamenti in Italia con teplizumab, un farmaco rivoluzionario capace di ritardare l'insorgenza di questa malattia autoimmune.
La protagonista di questa storia di innovazione medica è una ragazza di 14 anni che, dopo aver completato il ciclo di 14 giorni di terapia, è tornata a casa con la prospettiva di poter vivere più a lungo senza dipendere dalle iniezioni di insulina.
COS'È IL DIABETE DI TIPO 1
Il diabete mellito di tipo 1 è una malattia autoimmune che si sviluppa quando il sistema immunitario attacca per errore le cellule beta del pancreas, quelle responsabili della produzione di insulina. A differenza del diabete di tipo 2, che è spesso legato allo stile di vita e colpisce principalmente gli adulti, il tipo 1 insorge tipicamente durante l'infanzia o l'adolescenza e non è prevenibile con la dieta o l'esercizio fisico.
Per chi riceve questa diagnosi, la vita cambia radicalmente: diventa necessario monitorare costantemente i livelli di zucchero nel sangue e somministrarsi insulina più volte al giorno, ogni giorno, per il resto della vita. Non è solo una questione di iniezioni: significa calcolare ogni carboidrato consumato, controllare la glicemia prima e dopo ogni pasto, gestire le variazioni durante l'attività fisica, e vivere con la costante preoccupazione di episodi di ipoglicemia o iperglicemia.
L'impatto psicologico su bambini e adolescenti è enorme. Significa sentirsi diversi dai coetanei, dover spiegare continuamente la propria condizione, affrontare le paure dei genitori e, spesso, sviluppare ansia legata alla gestione quotidiana della malattia.
LA RIVOLUZIONE DEL TEPLIZUMAB ARRIVA AD ALESSANDRIA
Il teplizumab rappresenta un approccio completamente nuovo nella lotta contro il diabete di tipo 1. Si tratta di un anticorpo monoclonale, una molecola progettata in laboratorio per interagire in modo specifico con il sistema immunitario. Come spiega il dottor Enrico Felici, direttore della Pediatria del "Cesare Arrigo", l'obiettivo è «rallentare la risposta autoimmune dell'organismo e preservare più a lungo le cellule beta del pancreas che producono insulina».
In termini più semplici, il farmaco cerca di "calmare" il sistema immunitario impazzito, impedendogli di continuare a distruggere le cellule che producono insulina. Non si tratta di una cura definitiva, ma di un modo per guadagnare tempo prezioso: più cellule beta rimangono funzionanti, più il pancreas riesce a produrre insulina naturalmente, ritardando il momento in cui diventa necessario dipendere completamente dalle iniezioni esterne.
Come sottolinea la dottoressa Giulia Bracciolini, referente della Diabetologia pediatrica, «prima di procedere abbiamo dovuto ottenere l'approvazione del Comitato Etico e della Direzione aziendale». Il protocollo ha previsto 14 giorni consecutivi di somministrazione del farmaco, durante i quali la giovane paziente è stata monitorata costantemente dal team medico. Questo approccio intensivo è fondamentale perché permette di osservare in tempo reale come l'organismo risponde al trattamento e di intervenire immediatamente in caso di effetti collaterali. Il fatto che la ragazza abbia presentato "solo qualche piccolo fastidio transitorio" è un segnale incoraggiante sulla tollerabilità del trattamento.
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