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fondo di finanziamento ordinario
14 Agosto 2025 - 12:40
Anna Maria Bernini, ministro ministro dell'Università e della Ricerca
Con la firma odierna del decreto di assegnazione del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) per il 2025 da parte del ministero dell’Università e della Ricerca, diventano ufficiali i 9,4 miliardi di euro destinati agli atenei italiani. Il fondo, destinato al funzionamento ordinario delle università, registra un aumento di 336 milioni rispetto all’anno precedente, consolidando la cifra più alta mai stanziata per il comparto. Tutti gli atenei italiani riceveranno una quota maggiorata, con un incremento percentuale che oscilla tra l’1% e il 6%, a seconda delle caratteristiche e dei parametri di riferimento di ciascun istituto. L’obiettivo del provvedimento è quello di rafforzare la dotazione finanziaria delle università, in un contesto che da mesi segnala difficoltà strutturali e criticità nei bilanci.
Il decreto firmato oggi rappresenta il completamento di un percorso avviato lo scorso febbraio, quando era stato già annunciato lo stanziamento record per il FFO 2025, accompagnato da un altro intervento importante per il settore della ricerca: 37,5 milioni di euro per il finanziamento di nuovi contratti post-dottorato. Le nuove posizioni sono destinate a giovani ricercatori che hanno completato un dottorato, e si inseriscono nel quadro di attuazione del Pnrr. Per ogni contratto è previsto un finanziamento fino a 150.000 euro. Almeno il 40% delle risorse complessive sarà assegnato a istituzioni universitarie o enti con sede nelle regioni del Mezzogiorno, nell’ottica di ridurre il divario territoriale e incentivare la permanenza dei ricercatori in queste aree.
Parallelamente all’incremento delle risorse, nei mesi scorsi si è sviluppato un intenso dibattito attorno alla riforma della governance del sistema universitario e del reclutamento della ricerca. In particolare, il disegno di legge denominato “Valorizzazione della ricerca” è stato oggetto di critiche e manifestazioni di dissenso da parte di diverse associazioni di categoria, che hanno contestato l’eccessiva precarizzazione delle figure professionali previste. La discussione si è temporaneamente fermata, con la sospensione dell’iter parlamentare del ddl, ma resta aperto il confronto su quali strumenti contrattuali utilizzare per rafforzare la presenza della ricerca nelle università italiane.
Il contratto di ricerca (al centro del recente finanziamento da 37,5 milioni) è stato indicato come importante ma non sufficiente, evidenziando la necessità di una struttura più articolata e flessibile per il reclutamento. Resta quindi ancora aperta la questione degli strumenti normativi e contrattuali, indispensabili per trasformare gli investimenti in una strategia coerente di crescita e innovazione.
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