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Il vino piemontese non vende più: l'Aai denuncia l'allarme dei viticoltori

Gabriele Ponzano: "Il viticoltore è alla massima fragilità, anche le aziende storiche chiudono"

vino crisi

Brindisi, immagine di repertorio

Il settore vitivinicolo piemontese sa vivendo una profonda crisi. Non si vedono grandinate o vigneti distrutti dal sole, ma cantine che chiudono, magazzini pieni di bottiglie invendute e bilanci che non reggono più. L’allarme arriva dall’Aai, Agricoltori autonomi italiani, che denuncia il collasso e chiede alla Regione l’apertura urgente di un tavolo permanente con tutte le associazioni di categoria.

Tra le richieste immediate: sospensione dei pagamenti verso la pubblica amministrazione, distillazione per ridurre le giacenze, ristori economici e misure strutturali sugli impianti. "Oggi il viticoltore è alla massima fragilità economica e sociale - afferma il presidente piemontese Gabriele Ponzano -. Le aziende chiudono, anche quelle storiche. Chi resiste, lo fa tagliando tutto il possibile, cercando lavoretti extra per integrare un reddito che non basta più".

Le difficoltà toccano le grandi Docg come l’Asti, ma anche aree più piccole, dal Canavese con l’Erbaluce di Caluso e il Carema, fino alle colline tra Agliè e Bairo. Qui, dove la viticoltura è familiare e artigianale, bastano due campagne difficili per compromettere i bilanci. "Serve una promozione seria anche per le piccole denominazioni - aggiunge Ponzano -. E bisogna semplificare l’accesso alla manodopera occasionale, perché molti non riescono più nemmeno a trovare chi vendemmia".

Il quadro è aggravato dalle giacenze record: bottiglie invendute restano nei depositi mentre i costi per fitofarmaci, vetro e trasporti continuano a crescere. Il consumo interno cala e l’export non compensa. E gli agricoltori chiedono risposte concrete, non annunci.

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