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IL RACCONTO
07 Agosto 2025 - 07:20
La Popillia japonica, un piccolo coleottero “immigrato” che si sta rivelando il peggior nemico dell’agricoltura piemontese. Se la sua diffusione continua con questi ritmi, l’anno prossimo si parlerà di una vera e propria invasione.
Una lunghezza di circa 1 cm, un protorace di colore verde metallico e due ciuffi di peli bianchi sull’addome: questo insetto sta distruggendo le coltivazioni, attaccando foglie, fiori e frutti in maturazione.
Il coleottero giapponese può infestare fino a 300 tipi di piante ma sembra avere una predilezione, in Piemonte, per le piante di Erbaluce.
«La conta dei danni verrà quantificata durante il raccolto - spiega Carlotta Picco, della società agricola Fratelli Picco di Caluso - ma già ora è evidente. Le piante, che in questo periodo dovrebbero essere verdi e rigogliose, si presentano rinsecchite, distrutte».
A lanciare (nuovamente) l’allarme alle istituzioni è stato il consigliere regionale Alberto Avetta (Pd) chiedendo alla Regione Piemonte di intervenire concretamente con un piano concretamente. Attraverso la sua interrogazione, datata 14 luglio, il consigliere ha rilevato che «il piano d’azione regionale precedentemente per il contenimento della Popillia, stando alla situazione attuale, non è stato sufficiente».
Per questo Avetta chiede sia un intervento mirato sia sulla diffusione, ma anche «per il risarcimento ai produttori che vedessero ridotte o addirittura azzerate le produzioni 2025». Il consigliere aggiunge: «C’è un danno sia produttivo che estetico: ormai molte vigne si aprono anche ad attività turistiche e l’aspetto rovinato e secco delle piantagioni si traduce in un ulteriore danno economico. Bisogna agire in fretta perché se si continua così, l’anno prossimo la situazione non sarà più gestibile. Aspetto una risposta alla mia interrogazione».
Cosa si può fare per placare l’avanzata del coleottero giapponese?
«Non essendo autoctono non si hanno armi sicure - spiega Alessio Chimenton, agronomo professionista - Si può partire da prodotti bio: patisce lo zolfo ventilato e quegli odori pungenti. Di fronte a grandi infestazioni è meglio rivolgersi a un agrotecnico».
Questo insetto, come riporta Alessio, diffusosi un po’ a macchie «viene maggiormente contrastato dove c’è più biodiversità. Servirebbe un antagonista biologico: adesso è come se fosse in cima alla catena alimentare, è come se fosse alla pari di un orso».
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