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La chiusura

Monte Bianco, scatta la chiusura: altri tre mesi di caos per il traffico pesante

Dal 2 settembre al 12 dicembre chiusura del traforo Monte Bianco per lavori: 30-40mila camion al mese dirottati sul Frejus. Arrivano le prime proteste degli industriali

Monte Bianco, scatta la chiusura: altri tre mesi di caos per il traffico pesante

Riparte da oggi la «migrazione» forzata di migliaia di camion verso il traforo del Frejus. Fino al 12 dicembre il Monte Bianco sarà nuovamente chiuso per i lavori di manutenzione programmati, costringendo 30-40 mila mezzi pesanti al mese a dirottare sulla galleria piemontese. Un'odissea che si ripeterà per i prossimi 14 anni, tre mesi ogni anno, alimentando proteste sempre più accese dal mondo imprenditoriale.

La chiusura autunnale, prevista fino al 2050 per la manutenzione dell'infrastruttura, quest'anno accende la frustrazione delle imprese del Nord-Ovest, che denunciano l'isolamento di un territorio strategico per i traffici commerciali verso Svizzera, Francia settentrionale e Germania.

«Siamo ormai tutti d'accordo che serve una seconda canna. Non possiamo convivere con un'infrastruttura che funziona a singhiozzo, 9 mesi su 12» spiega Francesco Turcato, presidente di Confindustria Valle d'Aosta. Il progetto di rinnovo del Monte Bianco, infatti, esiste sulla carta, ma «nulla si muove» concretamente.

Così il traforo rimane uno «tra gli ultimi tunnel d'Europa ancora monocanna», con i lavori di manutenzione che potrebbero protrarsi ben oltre il 2050. Una situazione che condanna il Nord-Ovest a restare isolato per oltre 100 giorni l'anno, nonostante la galleria del Frejus abbia completato il raddoppio e possa gestire in maggior sicurezza i flussi di traffico.

Marco Gay, presidente dell'Unione Industriali di Torino, non usa mezzi termini: «Comincia un altro settembre con la solita chiusura. E si continua a procrastinare un'opera ineludibile che è il raddoppio del Monte Bianco». Per Gay è inaccettabile che «il Nord-Ovest conviva con una precarietà delle infrastrutture» quando «l'Europa si fonda su quattro libertà, una di queste è la libera circolazione delle persone e delle merci».

Il leader degli industriali ricorda che l'opera è già stata «pagata dagli automobilisti con i pedaggi» e basterebbe il via libera per iniziare i lavori. Nel giro di dieci anni si potrebbero avere due canne operative anche durante i cantieri di sicurezza, eliminando i vincoli attuali come il limite di sette mezzi refrigerati per motivi di sicurezza.

Il progetto aveva inoltre già trovato l'apertura della Francia per gli investimenti nel rinnovo dell'infrastruttura, ma è finito in sordina a causa della crisi politica ed economica d'Oltralpe. Nel frattempo, il sistema infrastrutturale alpino accumula altre criticità: il traforo del Gran San Bernardo rimarrà chiuso per 9 notti fino al 21 ottobre per lavori sulla galleria svizzera Les Toules, danneggiata da una valanga.

«Basta una frana o una valanga e il sistema infrastrutture va in tilt. Difficile così operare ed essere competitivi» osserva Enzo Pompilio d'Alicandro, vicepresidente della Camera di Commercio di Torino. L'imprenditore ricorda che l'Autostrada Ferroviaria Alpina tra Torino e Lione è ferma da quasi due anni dopo la frana del 2023 nella galleria di Saint Jeanne de la Maurienne.

«Finiremo con il ringraziare la crisi economica che ci eviterà di intasare troppe le strade con i nostri Tir» commenta d'Alicandro «perché il lavoro sta diminuendo molto. Le difficoltà di intere filiere industriali si fanno sentire».

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