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Il caso
12 Settembre 2025 - 08:43
Da oltre due settimane un detenuto piemontese con grave obesità e diabete è ricoverato e piantonato nel reparto di Medicina d’urgenza dell’ospedale di Cuneo. La sua condizione ha sollevato un caso nazionale che mette in luce l’assenza di strutture carcerarie adeguate in Italia per persone obese e con disabilità motorie. Secondo Roberto Testi, direttore del dipartimento di Medicina legale dell’Asl di Torino, «sembra che tutte le celle d’Italia dedicate agli obesi siano occupate». Attualmente, le uniche celle “bariatriche” disponibili si trovano nel carcere di Torino, ma risultano tutte piene e non si prevede un rapido turnover. Le celle adatte a persone con disabilità motorie – definite “camere di pernottamento per soggetti ristretti affetti da disabilità motoria” – sono dotate di porte più ampie, docce interne e rampe per il passaggio delle carrozzine. Tuttavia, sono poche e non sufficienti a far fronte alle esigenze di tutti i detenuti in condizioni simili. Il magistrato di sorveglianza si pronuncerà nei prossimi giorni sulla situazione del detenuto, ma il problema è strutturale e riguarda potenziali conflitti tra diritto alla salute, obblighi detentivi e principi costituzionali. Il caso apre infatti uno scenario delicato, dove il trattamento sanitario potrebbe entrare in contrasto con la libertà individuale. «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario», ricorda Testi, riferendosi alla possibilità – oggi solo ipotetica – di limitare l’alimentazione di un detenuto per tutelarne la salute. Un’alternativa alla detenzione sarebbe il ricovero presso l’ospedale Molinette di Torino, che dispone sia di un repartino per detenuti che di un centro di riferimento regionale per la chirurgia bariatrica. Tuttavia, come sottolinea Mario Morino, direttore della Chirurgia Generale 1, «non esiste un reparto specifico per l’obesità, perché è una condizione che coinvolge vari specialisti». A complicare ulteriormente la situazione c’è un episodio pregresso: quando era ospitato in una Rsa, il detenuto avrebbe minacciato di morte il personale. Questo ha portato al suo rinvio verso la struttura carceraria di Cerialdo, dove però non è mai stato trasferito per l’impossibilità logistica di accoglierlo.
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