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Il dramma di una ragazzina
20 Settembre 2025 - 12:21
La porta si chiude piano, il corridoio del Palazzo di Giustizia di Torino torna al silenzio. Dentro, a porte chiuse, si consuma un rito severo e necessario: la ricerca della verità. Fuori, familiari e amici aspettano, sgranando minuti come rosari. Cosa è accaduto davvero nel bagno di un cinema torinese due anni fa? A questa domanda, che pesa come un macigno, il processo aperto questa settimana prova a dare risposta, con gli strumenti della legge e la cautela dovuta quando c’è di mezzo una minorenne all’epoca dei fatti e un’accusa gravissima, quella di violenza sessuale.
IL CASO: LA CONOSCENZA IN CHAT E L’USCITA AL CINEMA
Secondo quanto emerso, la giovane – 17 anni all’epoca – aveva conosciuto online un ragazzo poco più che ventenne, originario del Congo. Una frequentazione nata in chat, proseguita con un’uscita in discoteca e poi con un incontro al cinema, al multisala del Lingotto. È in quel contesto che la ragazza avrebbe subito una violenza, nel bagno della sala. Da quel momento, la rottura: lei interrompe ogni contatto con lui. Due anni dopo, l’aula di tribunale tenta di ricomporre, frammento dopo frammento, la sequenza di quella serata, dopo aver raccontato la verità alla madre. Per la difesa, che al momento preferisce non rilasciare dichiarazioni, il racconto dovrà essere vagliato con rigore, come impone la presunzione di innocenza.
L’INDAGINE E IL DIBATTIMENTO A PORTE CHIUSE
Le indagini sono state coordinate dalla sostituta procuratrice Livia Loci, che ha contestato all’uomo il reato di violenza sessuale. Il dibattimento si svolge a porte chiuse, misura che la legge prevede per tutelare la riservatezza e la dignità della persona offesa, soprattutto quando era minorenne al momento dei fatti. Nelle scorse ore il giudice ha ascoltato i primi testimoni: alcuni familiari e diversi amici della presunta vittima, chiamati a riferire ciò che sanno, ciò che hanno visto o appreso subito dopo quell’episodio.
LE VOCI FUORI DALL’AULA E IL SILENZIO DELLA DIFESA
Nel palazzo di giustizia, la scena è quella consueta dei processi più delicati: i testimoni chiamati uno a uno, i parenti che attendono nel corridoio, i difensori che misurano le parole. I legali dell’imputato, per ora, non fanno dichiarazioni. Una scelta comprensibile, anche alla luce della fase processuale: l’aula, non i corridoi, è il luogo deputato a far valere le ragioni di ciascuno. Eppure il silenzio racconta, a suo modo, la tensione che accompagna ogni procedimento per violenza sessuale, dove il confine tra giustizia e clamore pubblico va presidiato con cura. L’agenda segna già la prossima fermata: metà ottobre.
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