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CRONACA GIUDIZIARIA

La Procura su Askatasuna: "Come le Brigate Rosse: volevano assoldare i violenti di via Roma"

E' il 26 ottobre 2020, la notte nera di Torino: devastazioni, saccheggi e intercettazioni

La Procura su Askatasuna: "Come le Brigate Rosse: volevano assoldare i violenti di via Roma"

Non fu una protesta. Fu un saccheggio.
Torino, 26 ottobre 2020: il cuore della città – via Roma, via Lagrange, via Po – finisce sotto assalto. Cinquanta persone, volti coperti e mani veloci. Trentasette vetrine infrante, tra boutique e multinazionali. Gucci, Louis Vuitton, Apple, Armani. I dehors devastati come campi abbandonati dopo la tempesta. Razzi da stadio, bombe carta, sirene. E la polizia che risponde, nel buio tagliato dai lacrimogeni.

È lì che comincia, o forse si rivela, qualcosa che la Procura di Torino non considera solo vandalismo. Perché quella notte non è sparita nei verbali, è rimasta impressa nelle intercettazioni. Frasi come schegge. Riprese dai pm nel ricorso in Appello, contro l’assoluzione di alcuni imputati vicini ad Askatasuna, il centro sociale al centro dell’inchiesta per associazione a delinquere. Frasi che non parlano di politica, ma di strategia. “Supergiovani da saccheggio”, li chiamano. Con una certa ammirazione. “Se si riuscissero ad infornare nella loro direzione tre o quattro persone così…”. Come a dire: serve solo agganciarli. E ancora: «Vivono da schifo… si pigliano tutto lo schifo» della società. Ma bastano due o tre “così”, ed è fatta.

Non è nostalgia, è metodo. L'atto d'appello parla chiaro: “I sodali arrivano a esaltare, o quantomeno rimpiangere, le azioni terroristiche degli anni ’70 e ’80”. Brigate Rosse, Eta, Hezbollah. Sigle pesanti, riportate nei dialoghi captati durante le indagini. Per i giudici di primo grado, quelle parole non sono sufficienti. Le definiscono "visioni ideologiche", private di contenuto penalmente rilevante. Non bastano a dimostrare un programma criminoso. La Procura, invece, insiste: «Se si trattasse solo di visioni ideologiche, non avremmo avuto ciò che gli anni successivi hanno portato». Vale a dire: proteste violente, gesti organizzati, ruoli definiti. E la figura di Rossetto, indicato come “leader del direttorio”, sempre presente, sempre in prima linea. A far discutere non è solo il passato, ma la saldatura con il presente. L’Appello punta il dito: “Intercettare le tensioni sociali, insinuarsi, farle esplodere in conflittualità violenta contro le istituzioni”.

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