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Il caso
02 Ottobre 2025 - 13:25
La vittima, Elisa Polcino, e l'aggressore Salvatore Ocone
Due vittime, di 49 e 15 anni, e una ragazza di 16 in pericolo di vita. Tutto questo dalla mano di un uomo, Salvatore Ocone, 58 anni, residente a Paupisi. L’uomo ha confessato di aver ucciso la moglie Elisa Polcino a sassate e di aver aggredito i due figli minori. “Sono stato io. Mia moglie era aggressiva e autoritaria”, ha dichiarato durante l’interrogatorio. Ma molti aspetti della vicenda restano da chiarire.
Nella notte di martedì 30 settembre, tra le 5 e le 6, Ocone ha colpito la moglie nel sonno con una pietra. Dopo qualche ora, il corpo della donna è stato ritrovato dalla suocera, che non l’aveva vista uscire per accompagnare i figli a scuola. E dopo aver visto ciò che c’era nella stanza, ha iniziato a urlare. “Sono stata la prima a entrare - racconta -. Ho visto il corpo della donna nel letto, a pancia in giù, il cranio rotto. Ho visto che era già cambiato il colore della pelle, era già morta da un po’. L’hanno colpita nel sonno, non si è mossa”
Così è iniziata la caccia all’uomo che si è protratta per dodici ore. La preoccupazione, oltre ad arrestare l’assassino, era quella di salvare i figli, scomparsi dall’abitazione e in evidente pericolo di vita. Grazie a un elicottero dei carabinieri, l’auto dell’uomo è stata individuata in un uliveto a Ferrazzano, in provincia di Campobasso, a 70 km dal luogo del delitto.
I militari hanno subito immobilizzato Ocone, che non ha opposto resistenza. Hanno poi aperto l’auto e, sul sedile posteriore, la drammatica scoperta. Non è chiaro se i due figli siano stati aggrediti insieme alla madre e poi portati via, o durante la fuga. Incerto anche il motivo per cui l’uomo abbia scelto di rapirli, lasciando però Elisa Polcino sul luogo del delitto. Le condizioni dei due ragazzi erano tragiche, e per il 15enne è stato possibile soltanto constatare il decesso. I soccorsi sono immediatamente stati attivati per la ragazza, nella speranza di poterla salvare.
Un femminicidio che sembrava all’inizio isolato, ma ha in realtà coinvolto un’intera famiglia. O perlomeno, quasi intera. Sì, perché Polcino e Ocone avevano un altro figlio, Mario, di 23 anni, che al momento del fatto si trovava a Rimini, dove vive. Il ragazzo è tornato in paese in seguito alla chiamata dei carabinieri. Intervistato da Dentro la notizia, vuole smentire ogni presunta violenza in famiglia: “Era un lavoratore, non ha mai mostrato segni di violenza”. Il ragazzo racconta che i genitori stavano per festeggiare i 25 anni di matrimonio. Respinge anche le voci di un allontanamento volontario dalla famiglia: “Mi sono trasferito a Rimini solo per lavoro, non per problemi familiari”. Conclude ribadendo l’ineluttabilità della tragedia, dichiarando che “Se nessuno se l’aspettava, nessuno poteva evitarlo”.
Che nessuno potesse aspettarselo è un dettaglio discordante con i racconti di alcuni parenti e conoscenti della coppia, secondo cui “la famiglia era nota in paese per situazioni di disagio e conflitti ricorrenti, con evidenti problemi sociali e personali. Le urla di lei si sentivano ogni settimana, non è credibile fingere di non sapere nulla. Era una tragedia evitabile. La verità è che quella era una famiglia con gravi problemi, e tutti in paese lo sapevano”. E Ocone, dal canto suo, era stato sottoposto ad un Tso già nel 2011, per una psicosi cronica. L’uomo era stato poi rilasciato, con la giustificazione che l’episodio fosse un caso isolato.
Anche la suocera, che aveva trovato il corpo di Polcino, racconta: “Lui non stava bene, soffriva di depressione. Non so cos’è successo. So che stava male. Un po’ di tempo fa ha fatto cose strane, una volta si è spogliato ed è andato davanti alla chiesa. Da lì hanno iniziato a curarlo”. A riguardo, il procuratore di Benevento Gianfranco Scarfò dichiara che “la sua situazione di capacità di intendere e volere sarà oggetto di valutazione”.
Intanto, Ocone è stato arrestato per duplice omicidio aggravato, tentato omicidio e sequestro di persona, e si trova ora nel carcere di Campobasso, in cella singola sotto sorveglianza speciale. La figlia di 16 anni è invece ricoverata alla Neuromed di Pozzilli, in coma farmacologico dopo un intervento alla testa. “Bisognerà attendere alcuni giorni per consentire al cervello di sgonfiarsi, successivamente si potranno valutare gli esiti neurologici”, spiega il direttore dell’ospedale.
Il caso resta disseminato di punti da chiarire, come l’evento scatenante dell’aggressione, o le vere intenzioni dell’uomo nel rapimento dei due figli. Ma forse, più di ogni altra cosa, pesa l’incertezza sulla prevedibilità della tragedia. Se la situazione di scontro fosse stata nota, si sarebbe potuto intervenire prima? E le condizioni neurologiche dell’uomo, se trattate, avrebbero potuto influire sull’esito della vicenda? Le risposte alle domande, da parte degli abitanti del paese e del figlio, sono contrastanti. Sarà il processo a fare chiarezza sulle dinamiche e responsabilità del caso.
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