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Il fatto

Stop ai burger vegani? Oltre 200 realtà europee dicono no al bavaglio plant-based

Associazioni, imprese e consumatori chiedono chiarezza: vietare termini come ‘burger’ o ‘salsiccia’ confonde i consumatori e penalizza un settore in crescita

Stop ai burger vegani? Oltre 200 realtà europee dicono no al bavaglio plant-based

Oltre 200 organizzazioni, tra associazioni animaliste, ong ambientaliste, imprese del settore alimentare e gruppi a tutela dei consumatori, hanno lanciato un appello all’Unione Europea: ritirare il possibile divieto sull’uso di termini come “burger”, “salsiccia” o “steak” per i prodotti plant-based. La campagna, chiamata No Confusion, contesta la proposta della Commissione Europea che mira a vietare l’utilizzo di parole tradizionalmente associate alla carne anche per le alternative vegetali.

Il dibattito sulle etichette

Secondo la bozza della Commissione, ben 29 termini potrebbero essere esclusi dalle etichette dei prodotti vegetali. L’obiettivo dichiarato sarebbe evitare confusione tra i consumatori. Tuttavia, i firmatari del documento sostengono che non ci siano evidenze concrete di un reale rischio di fraintendimento. Studi recenti dimostrano che espressioni come “plant-based burger” o “vegan sausage” aiutano i consumatori a capire sia la natura del prodotto sia come utilizzarlo in cucina.

Un’indagine della Beuc, l’Organizzazione Europea dei Consumatori, mostra che la maggior parte dei consumatori comprende correttamente queste denominazioni. Inoltre, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con una sentenza del 2024, ha ribadito che la normativa attuale è sufficiente a proteggere i diritti dei consumatori. I promotori di No Confusion chiedono quindi alla Commissione di ritirare la proposta e al Parlamento europeo di respingere eventuali emendamenti restrittivi, sottolineando che le regole già in vigore tutelano sia i consumatori sia lo sviluppo del settore plant-based.

Le richieste della campagna

Le oltre 200 organizzazioni chiedono tre interventi chiari:

  1. Bloccare il divieto sull’uso delle denominazioni vegetali.

  2. Ritirare il testo della Commissione che introduce i divieti.

  3. Salvaguardare i nomi già in uso, come “burger vegetale” o “salsiccia vegana”.

Secondo i promotori, queste diciture non creano confusione, ma aiutano i consumatori a orientarsi sugli scaffali. Le associazioni sottolineano che le etichette sono già chiare e trasparenti, e che eliminare termini di uso comune renderebbe più complicato comprendere i prodotti.

Sul piano economico, le aziende temono che un divieto possa rallentare un settore in forte crescita, riducendo investimenti e opportunità di mercato. Anche il mondo agricolo osserva con preoccupazione: colture come legumi e soia, fondamentali per le alternative vegetali, rischiano ricadute negative in caso di frenata del mercato plant-based.

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