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16 Ottobre 2025 - 12:55
“Costruire l’algoretica”. Un sistema che concepisca all’interno dell’avvocatura l’uso dell’intelligenza artificiale. “Non possiamo permetterci di essere neofobici, ma dobbiamo adoperarci con senso del limite”. È l’esordio della presidente dell’Ordine degli Avvocati di Torino Simona Grabbi, in apertura del 36° Congresso Nazionale Forense, che ha preso oggi l’avvio con una cerimonia all’interno del Teatro Regio di Torino. Dopo il minuto di silenzio per i tre carabinieri morti della strage del Veronese qualche giorno fa, e l’omaggio all’avvocato e partigiano Fulvio Croce, morto assassinato dalle Brigate Rosse nel 1977, è arrivato anche il saluto del Capo dello Stato Sergio Mattarella. Protagonista, comprensibilmente, l’intelligenza artificiale. “Che non è ‘di là da venire’”, avverte Grabbi. Ma è già qui. Secondo gli ultimi dati del Censis, infatti, quasi il 30% degli avvocati utilizza l’intelligenza artificiale regolarmente.
L’Ia non dimentica
Non per questo, però, senza rischi. “Dobbiamo adoperarci con senso del limite”, spiega Grabbi. Anche se, infatti, nelle scorse settimane sono stati adottati dei principi nazionali in merito, questo non basta. Perché l’Ia non è neutra, ma viene fortemente influenzata da chi ne alimenta i dati. E non dimentica. Bensì conserva i dati. Con rischi per i suoi assistiti. “Per questo abbiamo pubblicato una manifestazione di interesse per operatori di mercato, per la creazione di un portale Ia degli avvocati. Che garantisca la riservatezza dei dati”, afferma invece il presidente del Consiglio Nazionale Forense Francesco Greco nel suo intervento.
I richiami alla Riforma
A prendere la parola, poi, dopo il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, che ha ricordato come non esista una tecnologia “buona o cattiva”, ma solo suoi “cattivi usi”, l’assessore regionale Paolo Bongioanni, la senatrice e avvocato Anna Rossomando, il sottosegretario e ministro della Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove. “L’Ia non cambia la missione della professione, ma ne cambia i confini. Ed è un’arma a doppio taglio”, afferma subito netto. “Grazie alla riforma – continua Delmastro – garantiremo un equo compenso: mai saremo dipendenti di grandi organizzazioni”. L’altro richiamo alla riforma riguarda l’articolo 111 della Costituzione: quello che sancisce il diritto a un equo processo. “Mai più disapplicato di ora” sottolinea il ministro. “Abbiamo audito le istanze della categoria e verificato con grande orgoglio che non fossero in contrasto con l’interesse generale. La riforma garantirà quella equità processuale”. A intervenire anche il vicepresidente del CSM Fabio Pinelli, in videocollegamento, e il procuratore generale Lucia Musti.
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