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CRONACA GIUDIZIARIA
18 Novembre 2025 - 04:45
Il cameriere ha vent’anni, viene da Cuorgnè, un contratto stabile e un futuro che sembra già instradato. Lavora per un ristorante del Canavese noto per catering impeccabili, cerimonie perfette, matrimoni che scorrono senza sbavature. Anche quella sera è lì per questo: servire ai tavoli, far scorrere il servizio, tenere il ritmo. Poi succede ciò che accade in mille cucine: rientrando verso il retro, afferra un agnolotto del plin da una pirofila. Lo mette in bocca. Non sa — non può sapere — che quel ripieno contiene gamberetti. In pochi istanti sente il corpo cambiare: l’occhio che si gonfia, il respiro che scappa. Gli altri si rendono conto che non è un malessere passeggero. Lo caricano in auto e corrono a Ciriè. I medici provano a salvarlo. Muore poco dopo. Vent’anni appena. Tribunale di Ivrea, davanti al gip Andrea Cavoti, si è tenuta l’udienza preliminare. Sul banco degli imputati ci sono il datore di lavoro e la società di ristorazione che gestiva il catering. I fatti risalgono al 2021 e per la procura si tratta di omicidio colposo: procedure di sicurezza alimentare insufficienti, nessuna reale tutela per chi manipola i piatti, nemmeno per i camerieri, spesso a diretto contatto con le portate. In aula siede la famiglia del ragazzo: genitori, sorella, zii, nonni. Li rappresentano gli avvocati Marco Stabile e Ursula Pane. La società di ristorazione, assistita dall’avvocato Alberto Bazzani, ha chiesto di patteggiare. L’assicurazione ha già disposto 50 mila euro per i genitori e somme inferiori per gli altri familiari, in un gesto definito “senza nulla riconoscere”, come a ribadire la volontà di chiudere il capitolo civile senza ammettere colpe penali. Diversa la scelta del datore di lavoro, difeso dall’avvocato Filippo Amoroso: niente accordi. Si va al dibattimento, “per dimostrare l’estraneità ai fatti”. La difesa della società ha anche contestato l’ammissibilità della parte civile. Il giudice si è riservato, rinviando tutto al 15 gennaio.
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