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Il caso

“No Meloni”, per il giudice «è violento» però lo lascia libero di tornare in piazza

Scarcerato, ma rinviato a giudizio, l’unico arrestato per gli scontri di venerdì in Città Metropolitana

“No Meloni”, per il giudice «è violento» però lo lascia libero di tornare in piazza

Omar, 18 anni, studente arrestato il 14 novembre dopo i disordini davanti alla sede della Città metropolitana di Torino, ieri mattina durante la sua udienza per direttissima ha ammesso davanti al giudice di aver lanciato una pattumiera con posacenere alta mezzo metro contro due agenti del Reparto mobile.
I poliziotti sono stati colpiti e hanno sporto querela. «Chiedo scusa, non volevo ferire gli agenti, ho avuto una reazione sconsiderata», ha dichiarato il giovane, incastrato dai filmati della Digos.
Il magistrato Giorgio Potito ha convalidato l’arresto e imposto l’obbligo di firma quotidiano al commissariato.
La misura è stata motivata dall’«indole violenta» già emersa in altri cortei, tra cui quelli organizzati per la morte di Ramy a Milano.


Il processo è fissato per gennaio. Alla prima udienza ieri mattina al Bruno Caccia erano presenti in aula compagni di scuola e due professori del liceo, a dare sostegno al giovane imputato.
Ma la giornata di Omar, reputato una «delle nuove leve del centro sociale di antagonisti cresciuti a pane e Askatasuna» non si è chiusa in tribunale. Nel pomeriggio, circa settanta studenti si sono radunati davanti alla Prefettura di Torino, in piazza Castello, per un presidio di solidarietà. Omar ha preso la parola davanti ai coetanei: «Domenica mattina la polizia mi ha svegliato, arrestato e mi ha detto che il giorno dopo avevo il processo per il corteo del giorno prima senza nemmeno poter preparare una difesa. Grazie al supporto ho potuto affrontare questo momento con il sorriso». E ancora: «C’è solidarietà tra noi anche nel pratico, non solo nei comunicati. È stata una lezione per la controparte: non possono fare quello che vogliono perché c’è una reazione da parte degli studenti». E non sembra voglia fermarsi nonostante la misura cautelare: «come studenti continueremo a occupare le stazioni, a lottare, non ci faremo intimidire da questi tentativi di rinchiuderci e punirci: colpiscono uno studente per educarne cento, e invece se ne trovano duecento a protestare».

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