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Il caso
19 Novembre 2025 - 05:00
Torino, carcere Lorusso e Cutugno. La scintilla scoppia alle 22,30, in fondo al Padiglione C. Una trentina di detenuti della decima sezione si compatta attorno a un compagno che si rifiuta di rientrare in cella. Prima le urla, poi l’odore acre: un mucchio di stracci viene incendiato nel corridoio per attirare l’attenzione e forzare la mano agli agenti. Il primo focolaio viene domato in fretta, ma non è che l’inizio.
Passano trenta minuti. Alle 23 la tensione rimbalza qualche piano più sotto, nella sesta sezione. Qui a bruciare sono le lenzuola strappate dai letti. Una nuvola di fumo invade lo spazio, si infila nelle grate, arriva fino ai punti di sorveglianza. Gli agenti, costretti a muoversi in condizioni quasi cieche, evacuano una quarantina di detenuti. Un’operazione complicata, gestita senza panico, dove ogni passo sbagliato può trasformare un disordine in una tragedia.
Ma la notte peggiora ancora. Alle 00.30 la decima sezione esplode definitivamente. Diversi reclusi mandano in frantumi sanitari e tubature, trasformano le stanze in camere di pressione pronte a scoppiare. In più punti scoppiano nuovi incendi: piccoli roghi, messi apposta per rallentare gli ingressi delle squadre. Oggetti di ogni tipo — piatti, pezzi di metallo, bottiglie rotte — vengono lanciati nel corridoio come proiettili improvvisati contro gli agenti.È il culmine della sommossa: un’ora e mezza di caos in cui il carcere si piega ma non cede, e il personale riesce comunque a contenere i danni, evitando che i disordini si trasformino in qualcosa di irreparabile. A spegnere definitivamente la notte più lunga ci vogliono ore. Lo racconta un agente, che non usa giri di parole: «Solo alle tre del mattino, dopo aver trasferito uno dei promotori e dopo un lavoro senza tregua, l’emergenza si è chiusa e la situazione è tornata sotto controllo». Nel bilancio finale, nessun ferito né tra gli agenti né tra i detenuti. Un risultato che nelle sue parole ha un solo nome: «coraggio e preparazione del personale», perché in un carcere pieno di fumo e oggetti lanciati a caso, l’assenza di vittime somiglia davvero a un colpo di fortuna scolpito dalla professionalità. E mentre il Padiglione C bruciava, il pomeriggio aveva già segnato un’altra frattura. Nell’undicesima sezione del Padiglione B, un detenuto noto per episodi violenti aveva perso nuovamente il controllo. Appena riagganciata la cornetta dopo una telefonata, ha afferrato una sedia e l’ha scagliata contro un agente. Il colpo gli ha centrato la gamba, procurandogli una contusione alla tibia: trasporto in ospedale, medicazioni e una prognosi di dieci giorni. E intanto, nessuna novità sui due evasi che da giorni non rientrano nel carcere torinese. Entrambi fuori per permessi legati ad attività lavorative, l’avvocato di uno di loro, Salvatore Dionesalvi, continua a dirsi molto preocupato.
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