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Dolci della tradizione

La Zeppola di San Giuseppe: la ricetta originale del 1837 di Ippolito Cavalcanti

Dolce simbolo della festa del papà in Italia, si crede che le sue origini derivino da antiche feste pagane

La Zeppola di San Giuseppe: la ricetta originale del 1837 di Ippolito Cavalcanti

La zeppola di San Giuseppe è uno dei dolci simbolo della tradizione italiana, legata alla festa del 19 marzo in onore del santo e della paternità. Queste prelibatezze culinarie, dalle origini lontane che affondano le radici persino in antiche feste pagane, sono giunte ai giorni nostri arricchite da una molteplicità di varianti regionali.

Si tratta semplicemente di un bignè fritto, farcito con vellutata crema pasticcera e coronato da un'amarena o una ciliegina sotto spirito. La prima menzione ufficiale della zeppola di San Giuseppe risale al 1837, quando il cuoco napoletano Ippolito Cavalcanti ne riportò la ricetta nel suo celebre trattato di cucina, "Cucina teorico-pratica". Questo testo è una delle fonti più importanti per la gastronomia partenopea e raccoglie molte delle ricette tradizionali che ancora oggi vengono tramandate.

"Porrai sulla fornella a bollire una casseruola con una caraffa e mezzo d’acqua, e mezzo bicchiere di vino bianco quando sta per bollire, allora ci mescolerai diligentemente un rotolo di ottimo fior di farina, e con lo stenderello la girerai sempre fin che la pasta si stacca dal bordo della casseruola, allora è il vero suo punto di cottura, la porrai sulla tavola di marmo appena con un unto d’olio, e la rammasserai con mescola; raffreddatasi alquanto, che rendesi maneggiabile, ne farai tante giuste porzioni, e di ciascuna di esse ne formerai un tortanetto, che friggerai o con olio, o con strutto, ma che le zeppole vadano galleggianti nella padella; fatta appena la primiera e leggiera crosta le rivolterai e le principierai a pungere o con forchettone oppure con strumento di legno fatto precisamente, perchè così si vuoteranno, badando che non si brucino, e se vedi, che la padella fosse molto arroventata la toglierai dalla fornella gondolando sempre; divenute color d’oro le farai sgocciolare con sotto una carta floscia, l’accomoderai nel piatto proprio a piramide versandoci del giulebbe [acqua di rose, n.d.R.] strettissimo, polverizzandole di zucchero.".

Prima di questa pubblicazione, le zeppole erano già diffuse nella cultura popolare, ma non esisteva una codificazione precisa della loro preparazione. Cavalcanti contribuì a fissare la ricetta e a renderla accessibile a un pubblico più vasto, garantendone la diffusione e la conservazione nel tempo.

Le origini della zeppola sono incerte, ma si ritiene che derivino da antiche tradizioni romane legate ai riti di fertilità e alla celebrazione del dio Bacco. Già nell'antichità, nel periodo delle Liberalia (feste dedicate al dio del vino), si preparavano frittelle di frumento fritte nello strutto e cosparse di miele e vino dolce. Nel corso dei secoli, questa tradizione si è trasformata fino ad arrivare alla versione che conosciamo oggi: una pasta bignè fritta o cotta al forno, farcita con crema pasticcera e decorata con amarene sciroppate.

A Napoli, la preparazione delle zeppole di San Giuseppe è un’arte che si tramanda di generazione in generazione. Le varianti possono essere molteplici: c'è chi preferisce la versione fritta, che risulta più golosa e fragrante, e chi opta per quella al forno, più leggera ma altrettanto gustosa. Entrambe le versioni, però, mantengono intatta la tradizione di celebrare San Giuseppe con un dolce simbolico e irresistibile.

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