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02 Giugno 2022 - 08:05
La casa della famiglia De Rolandis in Borgo San Paolo non è un museo, ma uno scrigno di tesori preziosi. Quelli che fanno venire la pelle d’oca alla vigilia del 2 giugno. Perché tra queste mura si conservano molte delle testimonianze sulle origini del tricolore che, proprio oggi, sventolerà dai pennoni istituzionali e sui balconi di migliaia di italiani. Ma, soprattutto, il cognome De Rolandis è lo stesso del patriota “Zuanin”, al secolo Giovanni Battista Maria Gaetano: nato a Castell’Alfero il 24 giugno 1774 e impiccato a Bologna il 23 aprile 1796. Non senza aver posato gli occhi un’ultima volta sulla «italiana coccarda» che aveva portato al petto ed è oggi conservata al Museo del Risorgimento. Ad averne ripercorso le tracce con lo zelo dell’investigatore e il puntiglio dello storico è stato l’avo più affezionato, Ito De Rolandis. L’indimenticato cronista della Gazzetta del Popolo e pioniere del telegiornale Rai, scomparso il primo giugno 2020, che ha dedicato due volumi alla ricerca sulle vere origini della nostra bandiera.
Dalle ordinate cartelline archiviate nella dimora di Castell’Alfero, oltre che nell’appartamento di Torino dalla moglie Carla, l’ultimo documento che spunta è una intera pagina del Resto del Carlino datata 27 gennaio 1913. Quando il quotidiano di Bologna dedicò una precisa ricostruzione alle “Solenni onoranze ai martiri della libertà Luigi Zamboni e G.B. De Rolandis” a cui l’Alma Mater Studiorum aveva appena scoperto una lapide all’università. «Mio marito Ito ha dedicato tutta la sua vita a collezionare e conservare queste memorie, a studiarle. Non voglio credere sia un caso che, proprio alla vigilia del 2 giugno, mi sia tornata tra le mani la pagina con cui il Resto del Carlino già nel 1913 cominciava a restituire un po’ di verità alla storia del patriota Giovanni Battista De Rolandis. Ma anche alla coccarda tricolore da cui è nata la nostra bandiera» racconta la signora Carla, prima di mostrare un altro documento prezioso insieme con le storiche fotografie del cimelio. Una lettera inviata alla famiglia nel 1996 da Giovanni Paolo II in occasione del bicentenario della morte di Giovanni Battista, interrogato, torturato e ucciso “Nel nome di Cristo” a soli 21 anni dal Tribunale dell’Inquisizione per cui il pontefice polacco aveva chiesto perdono.
Sulla nascita del tricolore dalla coccarda di De Rolandis, però, gli storici non hanno mai smesso di discutere. Volendo leggere in quel simbolo di libertà un richiamo alla Rivoluzione francese, anziché l’emblema della rivolta contro lo Stato Pontificio che Giovanni Battista progettava insieme con Zamboni, distribuendola tra gli abitanti e gli studenti di Bologna nei giorni che precedettero l’arresto. Entrambi saranno condannati al patibolo dal Sant’Uffizio e De Rolandis fu ucciso sulla forca della Montagnola con il Vangelo tra le mani. Un solo ultimo desiderio esaudito per quello che è stato uno dei precursori del Risorgimento. «Voleva un ultima volta rallegrarsi colla vista dell’italiana coccarda che, agonizzando, salutava ancora» rivela la testimonianza raccolta dal letterato Angelo Brofferio e pubblicata dal Messaggiere Torinese già nel 1848.
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