Cerca

«Adesso abbiamo gli occhiali per vedere l’origine della vita»

robberto nasa

Lo scorso sabato sera, quando ha saputo che il presidente Joe Biden avrebbe annunciato al mondo la prima immagine di una galassia ripresa dalle lenti del più grande telescopio mai costruito, Massimo Robberto ha avuto un brivido e si è fatto una domanda. «E adesso come faremo a farci trovare pronti?». Forse la più semplice che l’astrofisico si è fatto negli ultimi anni, dopo essere partito studente da Asti per specializzarsi a Torino e approdare a Baltimora, dove guida la squadra del Centro Nasa che gestisce lo strumento alle cui immagini, oggi, il mondo guarda con lo stupore di un bambino. «Possiamo dire di essere arrivati all’origine della materia» conferma Robberto, mentre corre all’evento di presentazione della sensazionale scoperta messa a punto da James Webb, il più potente strumento di osservazione del cosmo mai creato.

«Una macchina da 10 miliardi di dollari. Per intenderci, costa più del Tav» puntualizza, rivelando come lui e i suoi colleghi abbiamo vissuto con un stupore quasi infantile una simile scoperta. «Negli scorsi giorni abbiamo lavorato con un ristretto gruppo di colleghi alla definizione degli ultimi particolari in modo assolutamente riservato, quasi segreto al punto da non poterne parlare sul posto di lavoro. Abbiamo preparato i dati di questa osservazione e nella stanza tra noi c’era uno stupore quasi infantile che può perfettamente essere chiosato parafrasando l’ormai storica citazione di Blade Runner: “Stavamo osservando cose che noi umani…”». E c’è più di un pezzo di Torino dietro quell’immagine. «Anche un pezzo dell’Italia, che rappresenta la più grossa minoranza qui all’Istituto americano dell’Astrofisica spaziale. Siamo formidabili nel contributo tecnico che diamo alla ricerca astrofisica». Un contributo che è stato dato allo storia dell’umanità secondo il presidente Biden. «In quell’immagine, con una nitidezza incredibile, vediamo l’emissione della luce di galassie 700 milioni di anni dopo il Big Bang» spiega Robberto. «Vediamo la composizione chimica, i metalli di queste galassie un attimo dopo essere nate. Potremo andare ad osservare quando si sono formati i primi elementi e come l’universo si è costituito. Potremo vedere i primi “mattoni”. Insomma, le prime stelle». Come avere costruito un paio di occhiali per guardare in faccia l’origine della vita. «Gli occhiali sono stati costruiti, ma per andare all’origine della materia» assicura l’astrofisico. «La natura, lo dico da credente, ci provoca a farci continuamente domande, non esiste per dare risposte. La “grande bellezza” è questa, ci porta a costruirci gli strumenti e rispondere alla curiosità che abbiamo da scienziati o più semplicemente da esseri umani». Non a caso, quella di Robberto è una passione che nasce da bambino. «Quando avevo dodici anni e un amico mi ha fatto guardare dentro un telescopio e mi sono innamorato. Erano gli anni della Luna e il mio sogno, allora, era poetico, romantico, mi immaginavo a passare le mie nottate a scrutare il cielo in cerca di nebulose e galassie. Quella parte in me è rimasta intatta». Inutile cercare di strappargli un po’ di vanità, benché abbia poggiato un piede nel libro di storia. «Ho lavorato al più grande telescopio che sia mai stato costruito, mettiamola così».

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.