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«Flashback è pronto: non è solo una fiera, è cultura al 100%»

Stefania Poddighe

Ocra, mattone, verde e azzurro «come il cielo». La palazzina di Flashback prende forma all’insegna del colore. Per ogni piano è stata assegnata una sfumatura e ogni gallerista farà delle stanze della villa la sua piccola casa espositiva. Manca pochissimo. Lo sa bene Stefania Poddighe, co fondatrice della manifestazione che, in corso Lanza 75, ci passa giornate intere per far sì che tutto funzioni alla perfezione.

Stefania, a che punto siete con l’organizzazione?

«Stiamo finendo di preparare tutto in vista dell’inaugurazione del 3 novembre. Non vediamo l’ora di aprire le porte della nostra nuova casa. È talmente bella che abbiamo solo voglia di mostrarla».

Avete scelto un luogo molto particolare per l’allestimento. La villa di un banchiere, poi diventata orfanotrofio. Che cosa dobbiamo aspettarci?

«Chi verrà si troverà davanti a un luogo sconosciuto. Facendo la passeggiata che separa il cancello d’ingresso di corso Lanza dalla palazzina B - dove c’è l’allestimento vero e proprio - ci si imbatte in scorci meravigliosi. Attraversando il parco si vede subito la villa antica che noi abbiamo sistemato e riadattato. Si entra in un corridoio rosso mattone e da lì inizia la scoperta…»

Come avete organizzato lo spazio interno?

«Dunque, ogni espositore ha una stanza propria. Come avesse una galleria intera a sua disposizione. Saranno spazi intimi, riservati e accoglienti. L’idea è che ogni stanza possa essere come “casa” per gli artisti. Ci sono tre piani diversi, dove esporranno tutte le gallerie che partecipano quest’anno a Flashback. Abbiamo identificato i vari piani con i colori per rendere più agevole il percorso».

Cosa c’è al quarto piano?

«C’è la mostra di Cuba, dalla quale si potrà accedere all’area lounge, posizionata nella casa del banchiere Marsaglia, la più antica del complesso. Qui immaginiamo che ci potrà essere la parte più conviviale e social della mostra. Organizzeremo talk, mostre, incontri. Non ci si annoierà».

Cosa significa per lei Flashback?

(sorride). «Significa tutto. Dopo dieci anni, finalmente, abbiamo trovato una casa stabile e iniziamo una nuova avventura. La parte della fiera l’abbiamo condivisa con i galleristi - che ormai sono diventati degli amici - che hanno creduto in noi e hanno voluto scommetterci fin dal primo anno. Flashback è una fiera sui generis. Abbiamo un rapporto molto personalizzato con gli artisti. Per scelta non abbiamo mai voluto troppe gallerie. Per garantire qualità, i numeri devono essere contenuti».

Se dovesse scegliere un’opera da incoronare come la preferita, quale sarebbe?

«È una scelta dura, durissima. Ogni piccola cosa di Flashback Habitat contribuirà a creare l’ecosistema di cultura contemporanea che abbiamo in mente. Quindi scelgo di non scegliere. Ogni opera è la preferita».

Nei dieci anni che l’hanno portata fin qui, quale è stato il momento che le ha regalato maggiore soddisfazione?

«Quando ho capito che lo sguardo del visitatore percepiva quello che volevamo rappresentare. Questo sicuramente mi ha dato grande soddisfazione. L’essere riusciti a portare un’idea che era solo nella nostra testa, nel mondo reale e poterla assaporare con i cinque sensi, è impagabile. Vedere questo puzzle formarsi, giorno dopo giorno, mi ha dato grande gioia».

Ci sveli un segreto su di lei…

«Mi sento una privilegiata. Poter passeggiare tra i corridoi della villa, godendo dell’arte a tutto tondo e notando tutti quei piccoli particolari che con il pubblico non si ha il tempo e il modo di vedere, è una emozione unica. Io e Ginevra siamo le prime ad arrivare al mattino e le ultime ad andare via la sera e per noi quel momento è speciale. Sei tu con il tuo mondo».

C’è un momento che ricorda con maggiore difficoltà?

«Si dice che alla fine di un percorso si dimentichino le cose brutte. E in effetti per me ora è così».

Lei è laureata in Economia. Da dove arriva questa grande passione per l’arte?

«Sono sempre stata molto legata al mondo delle manifestazioni culturali. Tant’è che ho iniziato a lavorare con quello che era il patron di Artissima e ho collaborato con lui per diversi anni. Poi, nel 2008, ho conosciuto Ginevra – anche lei all’epoca lavorava per Artissima – e ci siamo rese conto che avevamo delle idee nuove e le capacità per poterle realizzare. Così abbiamo deciso di fare Flashback. Abbiamo studiato tutto nei minimi dettagli. Non è mai stata solo una fiera. È cultura. È un progetto che viene sviluppato durante tutto l’anno. Siamo stati tra i primi ad avere un tema intorno a cui sviluppare una fiera. Per noi è difficilissimo mantenere un vero distacco dal lavoro. È la nostra vita».

Quante ore al giorno gli dedica?

(Ride). «Diciamo che ultimamente dormo pochissimo».

La possiamo definire come la parte più razionale del progetto?

«Diciamo così: Alessandro è creatività pura. Ginevra è la parte di sintesi. Io sono quella più logistica e razionale. Cerchiamo sempre nuove soluzioni per far coesistere le nostre tre anime».

C’è un progetto nel cassetto per il futuro?

«Aprire tutti i giorni Flashback Habitat, con un progettualità annuale che comprenda mostre, presentazioni e talk. Da quando chiuderà Flashback resterà aperta la mostra di Cuba all’ultimo piano. Ci saranno una serie di presentazioni che continueranno a essere fatte nell’area talk. Non ci si ferma più».

E Torino è pronta per uno spazio di questo tipo?

«Sicuramente sì. Anche perché non c’è. Uno spazio dedicato all’arte, all’accoglienza creativa, in cui torinesi e turisti possano godere del bello che hanno intorno non esiste. L’Idea è di unire progettualità diverse. L’unione e la sinergia di tutti potenzierà il nostro progetto. Questo vuol dire creare un ecosistema per le culture contemporanee. Ci stanno già presentando moltissimi progetti. Valuteremo con quali realtà iniziare a collaborare per brevi o lungo periodo».

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