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Con la svolta elettrica vanno salvati aziende e 15 mila lavoratori

Electric Car in Charging Station.

La riconversione ecologica può salvare la filiera dell’auto di Torino e provincia: «Ma bisogna agire subito» avvisano delegati e imprenditori durante il convegno “Torino, l’industria, l’auto e la transizione ecologica: quali opportunità per la città?”.

Lo ha organizzato la Cgil: «Come sindacato abbiamo individuato tre azioni su cui lavorare tutti assieme - premette Edi Lazzi, segretario provinciale della Fiom Cgil - Bisogna puntare sulla produzione, il riciclo e lo smontaggio delle batterie elettriche. Poi i pannelli fotovoltaici da produrre e installare per avere energia pulita dal sole. Ma serve anche la formazione: oltre alle aziende, si devono riconvertire i lavoratori. A Mirafiori ce ne sono 1.100 che si occupano del cambio delle auto, che non ci sarà più con la svolta elettrica. Dobbiamo formarli su altro affinché non siano espulsi dal mercato». Su questi fronti, finora, non si è ancora fatto nulla. Eppure l’Unione europea ha detto che dal 2035 si potranno vendere solo veicoli elettrici e a idrogeno. Quindi la filiera dell’auto deve adeguarsi e diventare una filiera dell’elettrico, a partire dalle batterie da produrre e riciclare: «A livello mondiale, si parla di una crescita delle auto elettriche da 140 milioni a 245 milioni - calcola Andrea Bizzi dell’European Recycling Platform - In Italia, però, siamo fermi: siamo a zero per la produzione e non abbiamo impianti per il riciclo di batterie al litio. Dobbiamo muoverci, a patto di avere regole certe che stimolino gli investimenti e tengano lontana la criminalità».

Serve anche una svolta dal punto di vista tecnologico: «Oggi abbiamo poche colonnine e con potenze minime - rileva Corrado La Forgia, vicepresidente di Federmeccanica - Bisogna aumentarle e potenziarle, altrimenti è inutile parlare di auto elettriche. Così, ammesso che ci riusciamo, le ricariche passano da 5 ore a 10 minuti. Che sono comunque tanti». Interviene Dal Poz, vicepresidente dell’Unione industriali di Torino: «La situazione è preoccupante ma piena di opportunità. Ma dobbiamo farci trovare pronti come imprese e lavoratori». L’alternativa è perdere 70mila posti di lavoro, come denunciato nelle ultime settimane: «Io ne stimo molti meno, circa 15mila - tranquillizza Giorgio Airaudo, segretario regionale della Cgil - Ma il problema rimane: mi aspettavo di più dal Governo Draghi, che ora deve dare delle risposte e agire concretamente. Altrimenti ci limitiamo a fermare il vento con le mani». Riprende Lazzi: «C’è tanto da fare, bisogna declinare le parole di oggi in fatti concreti. Così si possono portare nuove filiere in Piemonte, a patto che il Governo ci aiuti».

Ecco, ci sono fondi a disposizione? «C’è il Pnrr ma nulla di specifico sulla riconversione ecologica. Devono essere le imprese a presentare progetti, come ha fatto Iveco. Poi serviranno i soldi: siamo di fronte a una trasformazione epocale».

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