l'editoriale
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13 Settembre 2022 - 06:34
Le maternità, le pensioni di reversibilità e le indennità di disoccupazione dovrebbero arrivare entro 30 giorni. Invece molti beneficiari vedono i soldi dopo 4 o 5 mesi: qualcuno, quest’estate, ha aspettato 40 giorni soltanto per vedere accolta la sua pratica. E sta ancora aspettando l’accredito. Così come molti trattamenti di fine rapporto arrivano oltre 2 anni, che è il limite previsto per legge: «Non solo: dovremmo fare la quantificazione per l’anticipo del Tfr entro un mese ma spesso ci mettiamo un anno» si sfogano i dipendenti Inps di Torino e provincia.
Ieri mattina molti di loro erano davanti alla sede di via Millio, in Borgo San Paolo, per manifestare contro la carenza di personale negli uffici torinesi dell’Istituto di previdenza. Da cui dipendono (dis)servizi che riguardano migliaia di cittadini, comprese persone in difficoltà che hanno bisogno dell’Inps per arrivare a fine mese: «Abbiamo intitolato la protesta “Fort Inps” perché siamo assediati dal lavoro e dalla gente che chiede le prestazioni cui ha diritto. Noi vorremmo dare un buon servizio ma non ce la facciamo: siamo qui per denunciarlo pubblicamente» spiegano Vanja Cecchini, Aurora Cosentino e Vittoria Scuto, le referenti regionali di Cgil, Cisl e Uil per questo settore.
Per capire quanto sia grave la situazione, basta guardare i numeri dei 14 uffici Inps sparsi fra Torino e provincia: «Eravamo 780 al 1° luglio 2019, quando sono entrati gli ultimi colleghi - calcola Cecchini - oggi, a causa dei pensionamenti, siamo rimasti in 477». Quindi mancano 303 persone, poco meno del 40%. In alcuni uffici il problema è più grave di altri: la sede di via Millio è stata scelta per ospitare la manifestazione perché è una di quelle messe peggio. Nel 2019 c’erano 21 dipendenti contro gli 8 di oggi, di cui 1 andrà in pensione fra un mese. In pratica sono scesi a un terzo nel giro di 3 anni, con un solo addetto che si occupa dello sportello e delle pratiche di tutti i sussidi e le indennità, dalla maternità al reddito di cittadinanza: «I colleghi mi hanno ribattezzato “impiegato unico” - sottolinea il diretto interessato, Luca Raso - Stando allo sportello, è difficile anche seguire le pratiche di un bacino d’utenza di quasi 200mila utenti, più di città come Parma e Salerno».
Proseguono le sue colleghe: «Soffrono anche Rivarolo, Chieri e tante altre sedi in provincia, dove i funzionari sono dimezzati. A Bussoleno e a Carmagnola sono rimasti in 6: è ovvio che poi ci ritroviamo a inseguire le richieste degli utenti. Intanto, a giugno 2023, chiuderà la sede di via XX Settembre ma non è prevista una redistribuzione che ci dia un po’ di respiro». Non si può spingere sull’informatica? «Sarebbe ora: le domande di Tfr sono fatte via posta elettronica certificata. Poi tocca a noi inserirle manualmente». Poi c’è l’evoluzione continua delle pratiche: «Con la pandemia sono arrivati tutti i bonus, che abbiamo dovuto trattare mollando tutto il resto - interviene Marina Zeme - Adesso c’è quello da 200 euro per autonomi e liberi professionisti: dovranno presentare le domande entro il 30 novembre, poi verranno a reclamare i fondi».Ma probabilmente dovranno aspettare. L’unica speranza è nel nuovo personale: «Ora c’è un concorso nazionale per inserire 4.800 persone all’inizio del ‘23. Ma non sappiamo quanti ne arriveranno a Torino. Dovremmo essere il doppio di quanti siamo oggi per garantire tutti i servizi, avere la giusta formazione e non perdere le competenze».
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