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L'intervista esclusiva

Bertone, (Acqua Sant'Anna):"La legge sul tappo? Un paradosso! Vi spiego perché"

Facciamo il punto sul riciclo della plastica con un pioniere della sostenibilità

Alberto Bertone

Alberto Bertone

Mentre il resto del mondo accelera sulla sostenibilità, l’Italia resta ferma a guardare i rifiuti per strada. A dirlo senza mezzi termini è Alberto Bertone, CEO di Acqua Sant’Anna, leader del mercato delle acque minerali e vero pioniere green. Un imprenditore che non si accontenta dei soliti luoghi comuni e che punta il dito contro chi preferisce le scuse ai fatti. E mentre il governo italiano fatica a introdurre soluzioni concrete, come la tanto discussa legge sul DRS (sistema in cui i consumatori pagano una cauzione per bevande in contenitori monouso. Restituendo il contenitore vuoto in apposite macchinette, ricevono indietro l’importo della cauzione ), che in altri Paesi ha già dato risultati straordinari, l'Europa si prepara a nuove normative, come quella sulle bottiglie di plastica più scure, che cambiano le regole del gioco. Ecco cosa ci ha raccontato.

Iniziamo dal problema: perché l’Italia è così indietro sul tema del riciclo?
“Perché non c’è una vera cultura del rifiuto, e questo è un problema strutturale. La gente non ha idea di quanto sia grave la situazione. Paesi come la Germania o la Croazia hanno adottato il DRS e i risultati sono lampanti: in Croazia il tasso di riciclo è passato dal 30% al 90% in pochissimi anni. Funziona perché tocca il portafoglio delle persone. Chi getterebbe 20 centesimi per terra? In Italia, invece, continuiamo a discutere, rinviando qualsiasi decisione concreta, mentre le nostre città restano soffocate dai rifiuti. È desolante.”

(Photo Credit GreenMe)

Quindi il DRS è la soluzione?
“Assolutamente sì. È un sistema che funziona in 140 Paesi del mondo, dagli Stati Uniti alla Romania, e noi ancora lo ignoriamo. Con il DRS si incentiva il consumatore a restituire le bottiglie, si riducono i rifiuti e si crea una catena virtuosa. A New York, addirittura, questo sistema è diventato un modo per aiutare chi vive ai margini della società: molti clochard raccolgono bottiglie per strada e con i rimborsi riescono a comprarsi un pasto. È un sistema umano e intelligente. 

Ma perché non abbiamo ancora adottato il DRS?
“Me lo chiedo anch’io. Senza una legge che renda obbligatorio il DRS, tutto è bloccato, occorre un intervento politico che metta al primo posto la salvaguardia dell’ambiente. Per rendere virtuoso il circolo di recupero della plastica vanno coinvolti anche i supermercati, sensibilizzandoli all’installazione di macchinette per il recupero degli imballaggi. Ma dobbiamo procedere al più presto, altrove le macchinette sono talmente avanzate che riescono a riconoscere persino cosa conteneva la bottiglia. È assurdo che nel 2025 siamo ancora qui a parlarne, quando abbiamo esempi virtuosi sotto gli occhi. Non dobbiamo inventare niente, dobbiamo solo avere il coraggio di agire.”

Cosa pensa del governo attuale e delle sue politiche ambientali?
Si potrebbe fare di più, e lo dico con amarezza. Ho parlato più volte con il Ministro dell’Ambiente Pichetto, e con le istituzioni del territorio, Lo Russo e Cirio in primis. Noi imprenditori abbiamo obiettivi chiari e lavoriamo per raggiungerli, ma per attuarli occorre un dialogo propositivo e produttivo con la politica.

Che ne pensa della legge sul tappo che non si stacca?
“Un vero e proprio paradosso. Ho parlato con esperti del settore e tutti mi hanno detto la stessa cosa. Il tappo e la bottiglia hanno processi di riciclo diversi. Ora che sono attaccati, bisogna usare macchinari diversi, aumentando i costi e complicando tutto. Inoltre, vogliamo essere onesti? Chi ha mai buttato una bottiglia da una parte e il tappo dall’altra? Il gesto è automatico: si buttano insieme. Questa legge è il simbolo di come l’Unione Europea affronta il problema dell’inquinamento: tanta burocrazia, poca sostanza.”

Il dibattito sembra concentrarsi solo sulle bottiglie di plastica. È giusto?
“No, è ipocrita. Tutti puntano il dito contro le bottiglie, ma nessuno parla di tutto il resto. Ogni Natale vendiamo milioni di giocattoli di plastica. E quelli? Che fine fanno? Pensiamo agli imballaggi alimentari, agli utensili di plastica usa e getta che ancora invadono le nostre case. Bisogna affrontare il problema nella sua complessità, non fermarsi a misure simboliche.”

Qual è il futuro di Acqua Sant’Anna e del settore?
“Continueremo a fare innovazione e a cercare soluzioni sostenibili, ma non possiamo fare tutto da soli. Dieci anni fa, quando ancora nessuno parlava seriamente di sostenibilità, noi abbiamo lanciato la Bio Bottle, una bottiglia senza una goccia di petrolio, realizzata con un biopolimero di origine vegetale. È compostabile e si dissolve in meno di 80 giorni conferita dopo l’utilizzo nei siti di compostaggio industriale. Era una rivoluzione, e lo è ancora oggi. Però c’è un problema: fare scelte sostenibili costa caro. Il mercato della plastica riciclata è in crisi: la domanda è altissima, ma l’offerta è limitata. Oggi siamo costretti a importare plastica riciclata dall’Asia o dall’Africa, e francamente non sappiamo nemmeno se la filiera di riciclo di quei Paesi sia davvero trasparente. È un paradosso: vogliamo fare del bene all’ambiente, ma siamo ostacolati dai costi e dalla mancanza di regolamentazioni adeguate. Serve una visione sistemica, che coinvolga governo, imprese e cittadini. Il DRS sarebbe un punto di svolta, ma deve arrivare subito. Non abbiamo più tempo. E questa è una sfida che non possiamo permetterci di perdere.”

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